il senso, il perimetro, le regole del gioco

 

 

[mettetevi comodi, che è lunghetto: quasi 30.000 battute. i trenta numerini ai ‘paragrafi’ dovrebbero aiutare. comunque, io vi ho avvertiti.]

 

 

1. LA MALATTIA della repubblica italiana è talmente grave, ed è da così tanto che è malata, che si è ammalata anche la sinistra – invece di esserne la cura.

ciò che si tenta qui è la somministrazione della medicina all’una, e di conseguenza all’altra.

 

 

DIAGNOSI

 

(in sintesi, che chi mi legge già ne sa quanto e più di me.)

la finestra si sta chiudendo. la finestra politica, intendo.

mettiamo insieme l’assoluzione di berlusconi, l’accelerazione del processo di riforme istituzionali e costituzionali, il consolidamento della posizione di renzi – una posizione triplice: padrone del pd e del centrosinistra, padrone della scena politica, padrone dell’immaginario collettivo -, la subalternità sostanziale (al netto dei tatticismi buoni per la mera sopravvivenza di un’identità distinta) dell’opposizione tanto grillina quanto vendoliana, l’impossibilità di fatto (nota dolente per alcuni compagni, e invece risultato pervicacemente conseguito da altre parti in causa) per il progetto ‘l’altra europa’ di diventare altro da un semplice spazio politico – specie di ‘pensatoio’ dei progressisti -, l’involontaria afasia (almeno, per quanto arrivi al ‘grande pubblico’) delle strutture politiche organizzate della sinistra – prc, pdci… – alle prese con nodi interni irrisolti, la normalizzazione del movimento sindacale ‘ufficiale’ a guida camusso (con buona pace dei tentativi di landini di ‘tirarlo a sinistra’), la messa nell’angolo dell’antagonismo (indagini, sgomberi, criminalizzazioni, irrilevanza oggettiva) e la prova provata che anche l’ultimo bellissimo mito della nostra gente (il trionfo referendario del 2011, coi 27.000.000 di cittadini schierati contro i ‘poteri forti’ grazie a una mobilitazione ‘per temi’ e un’organizzazione ‘fluida’) è appunto un mito irripetibile – stante l’esiguo risultato della raccolta firme per le delibere di iniziativa popolare a roma, poco più di 30.000, cioè poco più dell’1.5% della popolazione cittadina adulta, cioè circa la metà dei voti presi a roma dalla lista tsipras solo il 25 maggio in un bacino affine o ‘sovrapponibile’ (il che riconferma la ‘falsa partenza’ di quel progetto nonostante i tre europarlamentari eletti), e con tutto il grande e protratto impegno di una quantità di collettivi, associazioni e singoli compagni coinvolti.

2. mettiamo insieme tutto questo – e mettiamolo soprattutto insieme all’inesorabile affermazione di tutti i parametri concreti che denotano la persistenza, ancora e sempre, di una crisi economica di cui la gente comune non intravede la fine – ed ecco, credo, illustrato il senso di quella finestra politica che si chiude. la finestra attraverso la quale noi tutte e tutti, credo, pensavamo di poter passare per costruire un’uscita da sinistra alla crisi di occupazione, di reddito, di consumi, di servizi, di qualità della vita e dei suoi ‘luoghi’, di prospettive per il futuro delle persone, la più grave di sempre almeno in italia. e pensavamo di poterla attraversare in modo ragionevolmente ‘rapido’ – motivo per cui abbiamo finora sempre accettato, chi più di buon grado chi meno, di ‘rincorrere le scadenze’ (elettorali, vertenziali) e di ‘salire su qualunque treno’ (ritenendolo l’ultimo buono) in compagnia di chiunque e comunque guidato, e perfino non-guidato, pur di non restare inerti.

3. ma non è così, ora penso sia chiaro. la ristrutturazione della società – quella che chiamiamo variamente ‘guerra di classe verso il basso’, ‘austerity’, ‘sintomi di svolta autoritaria’, ‘neoliberismo’, ‘turbocapitalismo’ eccetera – ha i tempi lunghi delle cose ampie e profonde. e dunque anche la risposta attiva da parte di chi la ristrutturazione subisce e subirà, mettiamoci in testa che richiede tempi lunghi. alla sinistra in italia spetta una guerra di posizione, non di movimento.

4. e allora ‘posizioniamoci’ meglio possibile. anche perché, perdurando – o peggiorando – la crisi e perdurando l’incapacità intrinseca del governo nazionale (e di quello ‘transnazionale’ – leggi: bce, ttip, fmi – che conta anche di più) di risolverla coi pannicelli caldi o le mere promesse, senza rimettere in discussione il sistema in sé (il dogma della privatizzazione e della precarizzazione, diciamo), c’è il rischio concretissimo che l’insofferenza popolare montante venga indirizzata verso proposte e soggetti schiettamente di destra dura e pura. e rispetto a ciò, l’unico argine possibile sarà – come spesso è avvenuto nella storia – l’esistenza, l’efficacia, la visibilità, la solidità di una proposta politica di sinistra e di una soggettività che la incarni: un fronte, intanto di difesa dall’autoritarismo e dal populismo, e poi di contrattacco per le rivendicazioni economiche, sociali, politiche, di civiltà. in tre parole: pace, lavoro, democrazia – da cui il ‘brand’, ci torno dopo e poi alla fine.

posizioniamoci senza fretta – ripeto. però cominciando – ma sul serio.

questo, a mio modestissimo avviso, il quadro clinico.

 

 

TERAPIA

 

5. ora io sto facendo un giro di orientamento – questa paginetta ne fa parte, ovviamente – per trovare chi vuole giocare insieme a me. l’obiettivo del gioco è coagulare un soggetto politico strutturato, radicale di ispirazione e popolare come ambizione: la sinistra che serve – in italia.

6. “è arrivato!”, si dirà. “come se non ci fosse già chi ci pensa e ci prova, a costruire disostruire progettare rifondare la sinistra che serve in italia!” giusto, sacrosanto – e chi ci sta pensando e ci sta provando ha sicuramente sia capacità di lettura sia talento di comunicazione sia possibilità di mobilitazione assai più di me. “e allora accodati a loro, anziché fare sempre il cane sciolto!”, si dirà.

e però, accodarmi dove? le tre ‘code’ che mi si muovono davanti agli occhi – parlo solo di ciò che sento affine politicamente, ideologicamente, esistenzialmente (il resto, per favore, non proponetemelo neppure) – direi che non vanno nella direzione giusta, almeno secondo la ‘diagnosi’. oppure non ‘vanno’ affatto.

7. la prima è il progetto ‘l’altra europa‘, su cui pure ho confidato tanto e speso ciò che potevo, il quale ha scelto e conferma di scegliere (nonostante i desideri contrari di compagne e compagni ancora al suo interno, più ‘pazienti’ di me) di non diventare un soggetto politico strutturato, di non darsi un perimetro, uno statuto, una metodica democratica, di non diventare a breve – e chissà fino a quando – altro che uno ‘spazio’ di confronto e sensibilizzazione, ciò in omaggio a un’idea – per me perniciosa, se spinta a questo eccesso paralizzante – di fluidità e inclusività, orizzontalismo e assemblearismo, che si ribalta in una pratica esattamente contraria: di rigidezza, di diffidenza, di dirigismo, di autoreferenzialità – e che rischia davvero di vanificare il lavoro svolto e la sintonia raggiunta nei comitati territoriali nati in campagna elettorale. riusciranno i buoni compagni a spuntarla, a cambiare questa natura (un po’ perversa, tra l’altro perché già vista e rivista) del progetto ‘l’altra europa’ prima della prossima glaciazione? glielo auguro con stima e affetto – ma hanno avversari temibili e determinatissimi. 8. la seconda realtà a me affine tanto che mi ci potrei accodare – anziché stare sempre a ‘rompere’ – è ‘papale-papale’ rifondazione comunista: un’organizzazione strutturata, vivaddìo, piena di comunisti come me, un perimetro, uno statuto, una metodica democratica, una ‘linea’ (contendibile), cioè un soggetto e non un mero spazio politico, con una visione del mondo e una mission (almeno teorica, poi bisogna vedere le risorse disponibili) nei rapporti di forza socioeconomici nazionali che abbraccio senz’altro. è radicale? insomma, qua e là ‘costretta’ a governare col centrosinistra. è popolare? se l’1% e spicci alle elezioni (secondo i flussi ‘scorporati’) e qualche decina di migliaia di iscritti (in calo) vuol dire ‘popolare’… ma non è tanto questo, bensì è che rifondazione (in cui – va detto – stanno rientrando bravi compagni e compagne dal pdci, ormai quasi imbarazzante, proprio nell’ottica dell’agognata ‘unità dei comunisti’) non è in grado di guidare – e sa di non esserlo – la costituzione di quel fronte largo, plurale ma coeso, di una sinistra alternativa al potere che ‘ha chiuso la finestra’: non vedo insomma come possa, rifondazione, far nascere in italia una cosa come syriza o come izquierda unida (sempre prima della prossima glaciazione) visto che è tuttora debilitata da tossine al proprio interno da ben prima del suo ultimo congresso, che è abbastanza impantanata nel progetto ‘l’altra europa’ con tutte le resistenze che ho detto e che è praticamente sconosciuta a decine di milioni di cittadine e cittadini italiani, anche se si dà da fare nei conflitti sociali e nelle prese di posizione internazionali con la buona volontà e la creatività dei suoi militanti e dirigenti che conosco e apprezzo davvero. e siccome è proprio a syriza e a izquierda unida che io penso… ma loro là ci hanno messo anni di lavoro politico e sociale – si dirà – per arrivare all’oggi. tanto più – dico – cominciamo! 9. terza e ultima ‘coda’ buona per me: l’attivismo ‘per temi’, nel quale agiscono bei compagni e cittadini tanto disinteressatamente e a volte pure efficacemente, da abbracciarseli tutti quanti sono! le occupazioni, le ‘liberazioni’, le manifestazioni per i diritti negati, le elaborazioni per quelli nuovi, i centri sociali, le reti di reti, i forum, il bene-comunardismo, l’alter-mondismo, il solidarismo concreto… anche in questa vasta ‘partita’ sono stato accettato – pure col mio impegno intermittente – e ho giocato volentieri, ed è una partita che continua e continuerà finché ci sarà la compressione di spazi e valori sociali da parte del potere e la risposta spontanea o appena organizzata da parte dei cittadini più lucidi e attivi. solo che il ‘movimento’ – diciamo così – sconta per me due limiti e un dato di realtà, per i quali non soddisfa la richiesta ‘terapeutica’ al nostro quadro clinico: primo, non si spende nella rappresentanza (non ‘si candida’ né dà chiare indicazioni di voto), anzi ne diffida abbastanza – e però in una democrazia rappresentativa se diffidi troppo, a lungo non incidi; secondo, la sua natura ‘vertenziale’ (unita alle risorse limitate di cui dispone: i ‘movimentisti’, almeno a roma, li conosco quasi tutti – vuol dire che non sono poi molti) gli fa mettere in secondo piano la critica del sistema in sé e dei suoi attori istituzionali (infatti, a buon bisogno per una battaglia circoscritta il movimento accetta quasi qualunque alleanza: grillini, civatiani, centri sociali di destra…); infine – ripeto – la gloriosa stagione referendaria è parecchio alle nostre spalle, è evidente, e così la ‘spallata’ al neoliberismo che ci strozza non verrà per quella via (e non sarà un caso se i momenti in cui il ‘libero popolo italiano’ si è espresso vittoriosamente ‘a prescindere’ dalle organizzazioni politiche, si contano sulle dita di una mano in quasi settant’anni di storia!). quindi no, non mi accodo nemmeno qui – benché sui singoli temi potrò ancora dare una mano se serve, ma ciò non risolve il mio problema.

10. che è, lo ricordo ai pazientissimi lettori: coagulare un soggetto politico strutturato, radicale di ispirazione e popolare come ambizione – la sinistra che serve, in italia. e perché? perché – già detto – la malattia della repubblica italiana è talmente grave, ed è da così tanto che è malata, che si è ammalata anche la sinistra – invece di esserne la cura. e ciò che serve qui è la somministrazione della medicina all’una, e di conseguenza all’altra. ben sapendo che nessuno ha la ricetta sicura in tasca, e certo non ce l’ho io, che nessuna soluzione suggerita dovrebbe aver la pretesa di azzerare gli altri tentativi intrapresi e in corso, e che il tempo per arrivare all’obiettivo del gioco quanto più sarà apparentemente breve tanto più saremo arrivati all’ennesimo falso obiettivo.

senza fretta, perciò – però: cominciamo!

questo, per me, il panorama degli ‘stati fisici’ da tenere in conto e dei ‘composti chimici’ da utilizzare per definire la terapia, in base alla diagnosi. e, dato il panorama, ecco la mia proposta.

che provo a descrivere come una road map. ma al contrario: partendo dalla fine.

 

11. autunno 2015, un weekend di ottobre.

il soggetto politico strutturato, radicale di ispirazione e popolare come ambizione, celebra la sua prima assise ordinaria: il 1° congresso. il soggetto si chiama “pace lavoro democrazia”, ha il suo bel simbolo e il suo gran statuto – lo statuto era stato approvato prima, nell’assemblea costituente, il simbolo ancora prima – e in questo 1° congresso elegge organismi statutari non più provvisori e vota i documenti politici. li vota con emendamenti a un solo documento predisposto e diffuso per tempo? o li vota tra documenti alternativi? l’avrà deciso il direttivo temporaneo e comunicato in tempo utile a tutti gli iscritti a “pace lavoro democrazia”. elegge gli organismi definitivi a partire da liste contrapposte? o con integrazioni e sostituzioni da una lista preordinata? l’avrà deciso il direttivo temporaneo in base allo statuto, sempre ben pubblicizzando la sua decisione. gli iscritti a “pace lavoro democrazia”, cioè gli aventi diritto a partecipare al congresso a tutti gli effetti, possono essere iscritti anche a qualche altra organizzazione politica – partito, coalizione o altro – oppure no? [io direi di sì, ora – ma io non sono “pace lavoro democrazia”, quindi…] lo dice lo statuto. se sì, i voti in congresso sono da conteggiarsi individualmente (‘una testa un voto’) o invece per ‘appartenenze’ altre? [io direi ora ‘una testa un voto’, ma come sopra…] lo dice lo statuto. celebrato il congresso, “pace lavoro democrazia” entra a pieno titolo nella politica italiana (ed europea) con tutta la sua radicalità anti-neoliberista (e anche, almeno in parte dei suoi militanti e dirigenti, ‘anticapitalista pura’) e con tutta la sua propensione a essere popolare e ‘di massa’ (perché la sua proposta politica è chiara ed efficace, e le sue ‘guide’ sono oneste e capaci): ecco la medicina della sinistra – e, di conseguenza, della repubblica italiana. al lavoro e alla lotta, buona fortuna!

 

12. primavera 2015, un weekend di aprile.

“pace lavoro democrazia” celebra la sua prima assise, straordinaria per natura: l’assemblea costituente. ha già un simbolo, che l’assemblea costituente ratificherà. ha una proposta di statuto, che sarà discusso, emendato, approvato e ufficializzato. inoltre l’assemblea eleggerà gli organismi statutari provvisori che porteranno “pace lavoro democrazia” al 1° congresso dell’autunno, preparando i documenti necessari e prendendo le decisioni relative al suo svolgimento. tra essi organismi, il direttivo provvisorio darà corpo alla ‘linea’ politica che sarà emersa dalla stessa assemblea costituente, almeno fino al congresso. al termine dell’assemblea, i cittadini che si riconoscono nello statuto (oltre che nel nome e nel simbolo, che già erano noti), che riconoscono gli organismi provvisori eletti e che condividono la linea politica di “pace lavoro democrazia” in quanto emersa dal libero confronto assembleare e dalla sua sintesi conclusiva, allora si iscriveranno: ‘prenderanno la tessera’ di “pace lavoro democrazia”, con tutti i diritti (e i doveri) di cui allo statuto stesso. ma chi può partecipare ai lavori dell’assemblea costituente? come si svolgono in pratica? e chi li coordina, presiede, conclude? decide tutto il regolamento dell’assemblea. e chi lo ha scritto? un gruppo di lavoro apposito, costituito nel corso dell’evento fondativo del 2014. e chi ha scritto la proposta di statuto che l’assemblea discute, modifica, valida? un altro gruppo di lavoro, costituito sempre nell’evento fondativo – che poi è lo stesso gruppo che prepara sia i documenti di linea politica in discussione sia le proposte per gli organismi statuari provvisori che l’assemblea dovrà votare. infine, l’assemblea valuta l’operato svolto dagli altri due gruppi di lavoro nati con l’evento fondativo e che ora rimettono il mandato: quello sulla comunicazione (in senso lato) e quello sulle risorse materiali di “pace lavoro democrazia” (che allo scopo ha costituito un’associazione senza scopo di lucro). conclusa l’assemblea costituente, il soggetto politico strutturato radicale e popolare – la sinistra che serve – è già un pezzo avanti: con sufficiente legittimità politica e democratica si farà sentire sulla scena nazionale fino al 1° congresso.

 

13. ottobre 2014, diciamo il 18 (terzo sabato) – fra tre mesi neanche.

si tiene [a roma, direi ora] quello che i promotori definiscono ‘l’evento fondativo‘ di “pace lavoro democrazia”. è sostanzialmente a inviti, a partire da un (piccolo) gruppo di persone che hanno trascorso le settimane precedenti a chiarirsi le idee e a fare tam-tam sugli spunti offerti dalla pagina web [questa, diciamo] di un blogger della sinistra romana. di scontato c’è solo il nome del progetto, che è lo stesso del blog, e la vision sintetica dei promotori:  che la malattia della repubblica italiana è talmente grave, ed è da così tanto che è malata, che si è ammalata anche la sinistra – invece di esserne la cura -, che ciò che occorre è la somministrazione della medicina all’una, e di conseguenza all’altra, che tale medicina è la nascita un soggetto politico strutturato, radicale di ispirazione e popolare come ambizione, e che il core-business di questo soggetto potrebbe racchiudersi nel ‘mantra’ che dà il nome al blog, al progetto e al soggetto – quando sarà nato: pace, lavoro, democrazia. per il resto si discute di tutto. e dopo largo dibattito si costituiscono quattro gruppi di lavoro, ampiamente fiduciari di quanti tra i partecipanti all’evento fondativo al suo termine si dicono convinti della bontà del progetto (gli altri vanno via senza rancore): il primo gruppo scriverà il regolamento dell’assemblea costituente di “pace lavoro democrazia” che si terrà in primavera, il secondo scriverà la proposta di statuto di “pace lavoro democrazia” da discutersi in assemblea e così pure le bozze di documenti politici e di organismi statutari da porre sempre in assemblea, il terzo si occuperà della comunicazione in ogni suo aspetto (creerà il simbolo di “pace lavoro democrazia”, aprirà e gestirà il sito e tutto ciò che serve nel web, stringerà i contatti con i pezzi più o meno organizzati della sinistra, redigerà comunicati stampa, darà interviste), il quarto curerà la mai facile partita delle risorse, dei fondi, degli strumenti materiali, e costituirà per questo tanto di associazione no-profit (con sede fisica) anche per la responsabilità legale e le autorizzazioni necessarie al progetto politico nascente.

 

14. questa la road map. che, come si vede, by-passa intenzionalmente gli appuntamenti elettorali già in programma – le regionali 2015 in campania, veneto, puglia, emilia-romagna, liguria, e le amministrative in tanti comuni importanti – o le ventilate politiche anticipate d’artificio (dovesse renzi farci pure questo scherzo). e anzi, ripeto: è proprio per ‘correre appresso’ al voto ogni volta, che la sinistra radicale non si è mai data il modo di costruire se stessa come si deve. quindi lascio volentieri ad altri più sapienti e inseriti di me, le ambasce sia di decidere se e come e con quali geometrie e in quali gerarchie ‘pezzi’ o ‘puzzle’ di sinistra (prc, altra europa, sel…) si presenteranno alle prossime scadenze, sia di ‘orientare’ il mandato dei tre italiani eletti a strasburgo e bruxelles nel nome di tsipras e nel novero della sinistra europea (benedetti che sono, quella sinistra e quel greco!) – tra l’altro, con l’impossibilità per noi compagni qualsiasi di sapere esattamente chi è che decide e perché lo fa. certo voteremo e faremo votare semmai, da bravi cittadini attivi, ma nel frattempo magari battiamo un’altra strada – da costruttori: hai visto mai!

insomma: questa è la terapia che umilmente ma coscienziosamente propongo – stante tutto ciò che ho detto prima, del quadro clinico e degli stati fisici e degli elementi chimici. ossia: questo il senso, questo il perimetro, queste le regole del gioco.

15. la più prevedibile delle domande allora è: chi vuole giocare con me?

 

 

AVVERTENZE

 

se siete arrivati qui in fondo: o avete nei miei confronti una benevolenza straordinaria (e da me immeritata), o siete dei divoratori di testi on-line a livello preoccupante (io mi farei guardare da qualcuno), o qualcuno vi paga per monitorare tutto ciò che viene pubblicato su un certo tipo di argomenti e/o da un certo tipo di persone, o siete quasi del tutto d’accordo con quasi tutto ciò che ho scritto e procedere con la lettura vi ha fatto stare bene.

siete della quarta ‘specie’? direi che è fatta! grazie davvero, sono molto felice e aspetto i vostri commenti qui sotto (cliccate su ‘leave a comment’ e cominciamo a ragionare insieme, pubblicamente, per arrivare a far qualcosa di concreto). vi pagano per monitorare eccetera? la crisi è brutta, uno per campare fa questo e altro. continuate pure a sbirciare, magari s’impara anche qualcosa. siete dei divoratori di testi? qui da mangiare ce n’è. e se volete pure dire qualcosa di vostro (che non sia esclusivamente un perder tempo insensato) vi leggo, vi leggiamo volentieri. infine, mi volete bene a prescindere da quel che scrivo? grazie, non sapete da ciò quanto io tragga nutrimento imprescindibile!

16. però, seriamente. mi sembra di essere stato abbastanza chiaro e trasparente sia sul contenuto politico della mia proposta sia sulle sue linee metodiche, il che dovrebbe selezionare ‘a monte’ i compagni, gli amici, i cittadini che possono davvero essere interessati a lavorarci insieme a me, e quelli che invece no. ricapitolando in pillole: il prodotto finale di tutto il percorso è un soggetto strutturato (un partito di persone o una coalizione di partiti e di contributi individuali) con regole interne, tanto di tesseramento e ovviamente un progressivo radicamento territoriale [le ‘sezioni’ – le chiamerei io ora], un soggetto che intende far politica sia negli spazi sociali che alle scadenze istituzionali con un programma sì da definirsi ma strettamente conseguente con il suo stesso ‘brand’ – pace, lavoro, democrazia -, un soggetto (partito o coalizione che sia) che in due parole mira a fondere i concetti di socialismo e di umanesimo, con l’intransigenza che simmetricamente mostra l’avversario (i poteri nazionali e transnazionali) nel combattere questa guerra di classe dall’alto verso il basso, e con la sincerità di comunicazione che sola può attrarre il grande pubblico nell’epoca della ‘grande semplificazione’.

quindi, per essere massimamente diretti. 17. se non volete costruire un partito, anche se vi piace ciò che ho scritto, è bene che non aderiate; 18. se non disdegnate la forma-partito, ma non siete radicali verso l’umanesimo socialista e intransigenti nelle alleanze possibili, è bene che non aderiate; 19. se siete già membri di un partito, anche radicale e intransigente, ma interpretate la fedeltà alla vostra organizzazione in modo da non cogliere lo spunto utile di questa mia proposta (utile anche al vostro partito), è bene che non aderiate e buon lavoro e buona lotta a voi (ci ritroviamo semmai più in là); 20. se invece vi piace tutto il mio contenuto e tutto il mio metodo, però non il titolo del blog, del progetto e del soggetto “pace lavoro democrazia”, e vorreste cambiarlo, mi dispiace ma è bene che non aderiate: questo titolo è l’unico valore aggiunto mio personale, tutto il resto si farà insieme – ci tengo.

21. se nonostante tutti questi distinguo dovessero presentarsi qui nella discussione virtuale, e peggio ancora negli incontri fisici che (spero!) seguiranno a breve tra gli interessati, persone che io so (perché ho buona memoria, e un caratteraccio) indisponibili a perseguire i miei stessi obiettivi, mi riservo il sacrosanto diritto di allontanarle senza perdere altro tempo. avvertiti.

22. chi resta? io dico: restano tante e tanti!

tante e tanti – perché noi diremo le cose che devono esser dette e faremo le cose che devono esser fatte, e le diremo e le faremo avendo costruito il megafono per essere ascoltati e la scena per esser visti. le cose che devono essere dette ed essere agite sono essenzialmente tre, quelle che ripeto dall’inizio di questa lunga pagina: democrazia, lavoro, pace. dovremo dirle e agirle con tenacia implacabile, perché questa è l’urgenza e perché nessuno – nel campo della sinistra radicale – ha la forza di far arrivare al grande pubblico qualcosa in più dell’urgenza. so benissimo che i temi che ci stanno a cuore sono tanti e tutti importanti, ma – compagni – se non vogliamo essere elitari e meramente testimoniali, o eco sbiadita di proposte già in campo di altri con più voce di noi, allora dobbiamo dire ai milioni di cittadini italiani che subiscono gli effetti della crisi cose che essi capiscono im-mediatamente, anziché mediatamente tramite un ragionamento politico (le alleanze) o politologico (la forma-partito) o politico-istituzionale (le grandi riforme) o civicopolitico (i nuovi diritti) o politico-giudiziario (la corruzione) o storico-politico (la palestina) o politico-finanziario (il ttip) o geopolitico (l’ucraina). e le cose che gli italiani a milioni capiscono immediatamente, perché le scontano in modo basico e diretto sulla propria pelle, sono (e a lungo saranno): il lavoro, cioè il reddito, la democrazia, cioè la libertà, e la pace, cioè la sicurezza.

23. quanto al lavoro –  noi non chiediamo l’occupazione e il reddito agli imprenditori e al mercato, cioè non chiediamo alle banche di aprire il credito all’impresa perché dia lavoro, cioè non chiediamo allo stato né all’unione europea di dare (altri) soldi alle banche private perché aprano credito all’impresa perché sul mercato dia lavoro e reddito, cioè non chiediamo a investitori e fondi di prestare soldi agli stati (comprandoseli, privatizzandoli) perché diano risorse al sistema bancario perché apra conti agli imprenditori perché diano occupazione e retribuzione secondo logiche di puro mercato. noi, compagni, non chiediamo tutto questo perché non è questo il nostro mestiere di compagni! misure così le chiede già qualcun altro, e sono annunciate progettate applicate, ma la crisi non accenna a finire. anzi aumentano il precariato e la recessione anzi aumenta la stretta sui consumi anzi aumenta il ricatto di banche e finanza anzi aumenta il potere della tecnocrazia a-democratica anzi aumenta la distruzione di ambiente e saperi anzi aumenta la minaccia alla pace. noi, compagni, è dallo stato italiano – in tutte le sue articolazioni – che vogliamo la piena occupazione e il reddito minimo garantito. im-mediatamente. dallo stato, cioè dalla collettività fattasi soggetto giuridico, politico, storico. cioè da noi, il popolo – per noi stessi, tutti. pianifichi, per conto della collettività. gestisca, per conto della collettività. produca, per conto della collettività. distribuisca, per conto della collettività. cioè: impieghi – lo stato, con tutto ciò che è pubblico e comune, dia lavoro non precario. quello su cui è fondata la repubblica secondo costituzione. e cioè: crei reddito, e reddito mai inferiore al livello costituzionalmente previsto per la libertà economica e la dignità del lavoratore e della sua famiglia. noi questo vogliamo. questa è la nostra proposta politica, adesso e finché c’è la crisi.

24. quanto alla democrazia – si tratta di difendere la costituzione, anzitutto, e poi di pretenderne la sua piena e concreta applicazione. per esempio, gli articoli 3, 4, 9, 10, 13, 20, 21, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 41, 42, 43, 46, 50, 53 e 54 – solo per restare ai principi fondamentali e ai diritti e doveri dei cittadini – sono disattesi in tutto o in parte, o mal applicati, dall’ordinamento sostanziale del nostro vivere comune. da sempre, dal 1948 a oggi. sono ventuno articoli su cinquantaquattro: una ‘bella’ performance del nostro sistema in quanto tale. e riguardano cose concretissime, come l’uguaglianza il lavoro il sapere l’ambiente la cultura la solidarietà la dignità la laicità l’educazione la salute la retribuzione i pari diritti l’assistenza la previdenza la proprietà e i beni comuni la co-gestione l’autogoverno l’equità fiscale la proscrizione di ogni casta. quindi difendiamo la costituzione e ancor più  pretendiamo che si faccia vita! perché la nostra costituzione – figlia della resistenza vittoriosa al nazifascismo, della liberazione che si celebra ritualmente ogni anno il 25 aprile, della sintesi più alta tra le istanze ideologiche del cattolicesimo sociale, del progressismo laico e liberale, del sindacalismo, del socialismo e del comunismo italiano, della spinta popolare per la costruzione di una nazione libera e giusta – è questa costituzione che intralcia i disegni conservatori, o peggio reazionari, del grande potere transnazionale, dell’affarismo disumano e miope, della finanziarizzazione violenta delle vite e dell’ambiente, della guerra di classe verso il basso, della crisi sistemica del neocapitalismo che paga la gente comune, del circo mediatico con le sue armi di distrazione di massa, dei sorrisi plastificati dell’élite che nasconde appena il pugno di ferro dei populismi e dei neofascismi in europa e in Italia. perché difendendo la nostra costituzione, lottando per la sua piena applicazione, elaborando tutte le conseguenze che ne derivano – noi facciamo politica, nel senso più alto ed efficace che questi tempi bui consentono e richiedono. e lo facciamo insieme – le tante anime della sinistra italiana, quella vera – costruendo una consuetudine comune, una reciproca fiducia e una speranza bella, che ci portino alla realizzazione di una democrazia finalmente piena e sostanziale. perché la liberazione non è solo il 25 aprile, liberazione – è sempre.

25. e quanto alla pace – che la società intera degli uomini, l’epistème, non sia il regno della giustizia lo si sa da tanto tempo. chi vuole interrogarsi su qualcosa di profondo e reale, da sempre, su questo s’interroga. e per chi non si accontenta del fatalismo, la risposta non può che arrivare presto o tardi a delineare una palingenesi radicale, un’idea di rivoluzione. ma l’idea non basta. sul finire del secolo XIX – quello che va dal 1789 al 1914 (lungo centoventicinque anni, in barba ai giri del sole) – le cose cambiano, e l’idea rivoluzionaria si diffonde come fiamma su paglia: il privilegio minoritario che l’ingiustizia consente, teme davvero. ed è la prima volta da sempre – un trauma. in occidente, milioni di lavoratori e di cittadini si auto-organizzano nei sindacati e nei partiti socialisti. c’è pensiero, c’è azione antagonista. a migliaia aderiscono ai movimenti anarchici o comunque anticapitalisti. l’impero russo diventerà di lì poco un’altra cosa: novembre 1917, grazie ai bolscevichi il primo esperimento (dopo il lampo della comune di parigi) di autogestione dello stato da parte del proletariato, che si riprende la terra e sceglie subito la pace. e su quell’esempio, mettendo in luce la contraddizione – diciamo pure il tradimento – di quanti tra i socialisti europei appoggiarono la follia nazionalista e imperialista della grande guerra, nascono e si diffondono ovunque i partiti comunisti veri e propri. le grandi nazioni sentono allora il fuoco della rivoluzione a un passo dai confini, e perfino sotto i piedi, con le occupazioni di fabbriche e terre e con la rivolta sociale che sembra poter riuscire. e il capitalismo, che si è già disteso su tutto il pianeta – divorandolo, e non può certo nutrirsi attaccando la luna -, vive realmente un’ora buia come mai prima: la massa indistinta, la cui soggezione millenaria ha consentito l’edificazione del palazzo sui cui terrazzi una minoranza vive nel sole, dice adesso con voce di gigante: “questo non è giusto, questo non sarà più!” ma arriva la guerra delle potenze, a spezzare quella voce. due volte in trent’anni. la prima cento anni fa esatti, con la scusa di famose pistolettate a sarajevo. il XX secolo dalla grande guerra in avanti – non importa ciò che vi raccontano – non è che la reazione alla fiamma etica e politica della rivoluzione per la giustizia tra gli umani: fascismo, nazismo, guerra fredda, conformismo, riflusso, consumismo, società dello spettacolo, terrorismo, atomizzazione sociale, finanziarizzazione&debito… e questo secolo non è finito ancora. l’ingiustizia socioeconomica è estrema, la depressione individuale e di gruppo è acuta, in europa la sfiducia nelle mediazioni politiche e istituzionali dei conflitti in un quadro almeno formalmente democratico, è massima. la presenza di clan e di personaggi pronti all’avventurismo autoritario è accertata. la pervasività dei mezzi di comunicazione di massa, idonei a far applaudire i milioni e le decine di milioni di afflitti e depredati perfino del senso di sé e di classe – è un dato di assoluta realtà. farli applaudire, beninteso, anche alla loro stessa rovina. socialisti conseguenti, comunisti, anarchici di sinistra – ossia pacifisti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolvere la crisi con le armi tra potenze, e al contempo resistenti integrali dinanzi a qualunque tentazione di risolverla con la dittatura dei governi sui popoli o con l’alienazione delle coscienze – ebbene ci sono anche quelli, per fortuna, ma non organizzati come occorrerebbe. i problemi del secolo che nel 2014 ‘compie’ cent’anni, stanno ancora tutti qui. perché sono le contraddizioni intrinseche del capitalismo a starci ancora sulla testa e in mezzo ai piedi. moltiplicate per l’interconnessione globale, per di più. e noi – donne e uomini di buona volontà e retto pensiero – dobbiamo essere sempre più vigili e attivi affinché nessuno possa realizzare la follia di un anniversario storico, con un’altra miccia esplosiva – qualsiasi – contro la vita e contro la libertà. il capitalismo non aspetta altro, non prepara altro – che questo. ecco cosa diremo, sulla pace – cosa agiremo.

così, con quest’ultima tirata, mi sono portato un po’ avanti anche nel merito del dibattico politico vero e proprio. sempre pronto però a discuterne profondamente con chi vuole giocare a questo gioco.

26. obiezione – come se la sentissi ‘in diretta’. sembra forse troppo ‘a freddo’ tutto questo? sembra che un progetto politico non possa in alcun caso nascere così ‘a tavolino’? senza che prima ne esistano qua e là delle ‘cellule’ territoriali o vertenziali? rispondo che qui di freddo non c’è proprio niente, che nessuno qui sta seduto comodo a qualche tavolino, che non ci posso far nulla se l’idea di “pace lavoro democrazia” non è spuntata – quasi per miracolo – in simultanea entro più contrade del bel paese! viceversa, e seriamente, ritengo che il processo politico che conduce alla costituzione di un soggetto strutturato, radicale e popolare  insieme, della sinistra italiana – la sinistra che serve – sia già nato: nella realtà dei conflitti, nelle mosse delle organizzazioni, nel comune sentire di una vasta classe di cittadini, soprattutto nelle urgenze dettate dalla situazione socioeconomica e dalle pessime risposte che danno ad essa il governo, il parlamento, il colle e in generale i settori dominanti e privilegiati. tutto ciò è già in marcia, molto al di sopra della mia piccola voce isolata.

27. quello che offro qui è solo un piano operativo razionale perché il processo arrivi a maturazione e faccia sentire i suoi effetti nella lotta, prima di disastri ulteriori. 28. e formulare tale proposta via web – per quanto mi riguarda – vale tanto quanto farla cadere dallo speaker’s corner in una piazza accaldata, e vale anche di più che farla uscire da chissà che segrete stanze travestita da ‘iniziativa dal basso’. per dire (quanto sono antipatico).

29. (ri-apro parentesi. questa retorica dell’iniziativa dal basso, quando è stata, è o sarà soltanto retorica – e si tratta della maggior parte dei casi, purtroppo: testato personalmente -, è davvero deleteria. intendo questo: nel momento in cui – ciò che va di moda da un po’ – un movimento nazionale ‘alternativo’ si vuole, si accetta, si tollera che nasca se e solo se consiste nella costellazione di micro-unità locali preesistenti, gemmate sul territorio in risposta a spunti contingenti di più varia natura, politici sociali economici culturali, ma non necessariamente composte da cittadini che condividono un solido impianto ideologico, una stessa visione globale della società da costruirsi in vece della presente, ebbene questo ‘movimento’ anche nella fortunata ipotesi in cui riesca a darsi un primo concreto appuntamento nazionale si tradurrà inevitabilmente nell’esposizione analitica e meramente sommatoria di tutti quegli spunti, senza che nessuno sia capace, semmai qualcuno se ne ponga il problema, di comporli in una sintesi potente ed efficacemente antagonista al sistema di poteri reali. per di più, quell’esposizione sarà offerta al movimento ‘in plenaria’ da una ‘passerella’ di attivisti locali i quali non che rappresentare una visione politica condivisa da un territorio, e la strategia e la tattica conseguenti, rappresenteranno il fatto banale che dei gruppi di cittadini abitano nello stesso posto e si lamentano delle stesse cose. l’iniziativa dal basso, se è tutto qui – e lo è stato, è e sarà nella maggior parte di casi simili, purtroppo -, non costruisce né il socialismo né l’umanesimo ma consolida il campanilismo soltanto. non fa per me, per noi, per “pace lavoro democrazia”: noi battiamo un’altra strada.)

 

30. concludo. mi avete letto fin qui, intanto perché avete aperto questo blog. grazie. ma come penso di farlo ‘girare’ più possibile, per incontrare altri cittadini eventualmente interessati? sono pure uscito da facebook (e sì che avevo ormai quasi 5.000 contatti…), non dispongo di mailing list ‘sociali’ né di newsletter ‘professionali’. e allora? allora niente. ci sono io che ho scritto, e che ho linkato la pagina a duecento tra compagni e amici via mail, ci siete voi che avete letto, ci siamo noi che spero cominciamo a ragionare insieme a partire dai vostri commenti qui sotto, c’è il blog in cui potete invitare – linkandolo voi pure in mail, facebook, twitter, whatsapp – chi pensate possa essere in sintonia… e poi c’è un appuntamento reale per ottobre, ricordate? l’evento fondativo.

se questa mia proposta raccoglierà strada facendo abbastanza attenzione, ci coordineremo per dar vita almeno a quella prima tappa della road map. troveremo il modo e i mezzi. e poi vediamo.

saremo tante e tanti, saremo forti.

io ci credo.

 

GRAZIE!

 

paolo

39 comments

  1. Paolo, lanci un guanto che, Tu sai, non posso non raccogliere, credo che sia la naturale conclusione del percorso fatto fino ad ora. Certo che ottobre è dietro l’angolo… ci rimboccheremo le maniche. “Pace Lavoro Democrazia” un titolo un’identità! Inoltre mi ritrovo in tutta la tua analisi e anamnesi dell’attuale situazione della sinistra italiana e se vogliamo davvero essere intellettualmente onesti dobbiamo avere il coraggio di fare i conti con la delusione e capire che se la sinistra continuerà di questo passo a breve porteremo dei fiori sulla lapide della cara estinta! Detto questo il lavoro è tanto e dobbiamo essere celeri e partire!

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    1. grazie Elena!
      quello che mi muove è anche questo: non voler dare a qualcuno la soddisfazione di vederci portare “fiori sulla lapide della cara estinta” (la sinistra).
      il lavoro è tanto, ma se saremo abbastanza e abbastanza risoluti non sarà impossibile svolgerlo!
      vediamo, leggiamo, confrontiamoci…

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      1. Paolo, ho letto tutto e rileggerò di nuovo per meglio capire. per ora posso dire che condivido analisi della malattia e tentativo di unificazione della diaspora in un soggetto organizzato e popolare. In questi anni di questi tentativi ve ne sono stati tanti altri. tutti avevano lo stesso obiettivo. Finora sono falliti tutti, perché ognuno di noi, singoli e partiti, si porta dietro concetti e dogmi di appartenenza a cui non si vuole rinunciare. Personalmente mi sono messo in discussione sempre rinunciando e facendo un passo indietro rispetto alla educazione e militanza politica ricevuta, accettando il confronto e le decisioni comuni. Dopo l’adesione a SD e l’esperienza dell’arcobaleno, Credevo e credo in SEL perché il progetto azzera tutto e ha un percorso di lungo respiro, realizzabile con la partecipazione ed il ricambio delle nuove generazioni. La mia deve solo aiutare da dietro le quinte Continuare a rincorrere nuovi soggetti significa continuare ad allargare la diaspora ed a creare ulteriori divisioni e lacerazioni che non sono capite dagli elettori. Tuttavia nulla mi é indifferente e tutto può essere da stimolo. Però sono convinto che tutti dobbiamo fare un passo indietro e rinunciare a qualcosa. Altrimenti si continua a creare soggetti utili solo al solito marcel che parteggiando vien.

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      2. grazie Pasquale, dell’attenzione seria che mi hai dedicato e dello schietto, cortesissimo, riscontro alla mia proposta.
        anche se non siamo d’accordo nella terapia – il soggetto portatore della quale tu confidi essere SEL, mentre io una ‘cosa’ che non c’è ancora (se non nella testa e nel cuore di tanta gente come me, e soprattutto nelle potenzialità politiche oggettive e inespresse della larga maggioranza che – purtroppo – subisce gli effetti congiunti di crisi e ‘palazzo’) -, ebbene credo di poter dire che siamo fianco a fianco nel voler fare di questo nostro paese un posto dove sia bello vivere.
        il che non è poco, per dirsi compagni!
        in bocca al lupo a entrambi, ok?

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  2. Caro Paolo, sono d’accordo, ovviamente, sui percorsi e sui contenuti che sono quelli che perseguiamo da anni senza trovare sbocchi che diano gambe e respiro alle nostre idee. Lo sbocco poteva e doveva essere Tsipras, però!
    Mi chiedo e ti chiedo: perchè non riuscire ad incidere in quel contesto, anzichè crearne un altro….e poi un altro ancora…e un altro ancora? fino all’ennesima potenza? Come mai, pur avendo dimostrato di poter costruire momenti di politica e di unità che sono vere e proprie sfide, come quella della raccolta firme e del raggiungimento del tanto agognato 4%, alla fine dobbiamo di nuovo creare diversità di aggregazione? E’ possibile che non si riesca a mettere insieme le forze che fanno percorsi non dico vincenti, ma un poco soddisfacenti, e portarle alla meta di un risultato, ma nell’alveo di un percorso già avviato?
    Io pensavo e vorrei continuare a pensare, quello che tu dici, e cioè che l’ “oggetto strutturato (un partito di persone o una coalizione di partiti e di contributi individuali) con regole interne e tanto di tesseramento, un soggetto che intende far politica sia negli spazi sociali che alle scadenze istituzionali con un programma sì da definirsi ma strettamente conseguente con il suo stesso ‘brand’ – pace, lavoro, democrazia -, un soggetto (partito o coalizione che sia) che in due parole mira a fondere i concetti di socialismo e di umanesimo” potesse nascere da tutti noi che avevamo dato vita a quel percorso solo due mesi fa!
    Tu sai come la penso, e temo che i germi del movimentismo e della “paura”? (o la scientifica scelta) di non dare vita ad una struttura organizzata, che invece è indispensabile, sottolineo indispensabile per il futuro delle nostre idee, possano avere la meglio in quella bella umanità che è stata l’Altra Europa, creando di fatto un deficit di democrazia ammantata da chiacchiere sul “bello di fare” e non sull’ “importanza dell’essere” bypassando un elemento fondamentale per la democrazia, e cioè le regole dello stare insieme e le modalità della pratica politica.
    Comunque io ti seguirò ,naturalmente, su questo blog ed anche negli appuntamenti che hai dato. Perchè ovunque c’è un progetto di pace/lavoro/democrazia (PLD) ( in quest’ordine, mi raccomando, altrimenti il rischio puo’ essere di avere l’acronimo di PDL!), io ci sono!!
    Hasta la Victoria Siempre! Compañero
    Dalila

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    1. Dalila, grazie!
      PLD, certo (mai pdl!), anzi… PaLaDe (e noi qui, i “paladini”!).
      seriamente, tu dici bene: “perchè non riuscire ad incidere in quel contesto (l’altra europa), anzichè crearne un altro….e poi un altro ancora…e un altro ancora? fino all’ennesima potenza?” io pure avrei voluto, moltissimo, poter dire finalmente ‘hic manebimus optime’ e costruire con te e tante e tanti compagni bravissimi quel soggetto strutturato a partire dall’esperienza dei comitati per l’altra europa con tsipras!
      ma non si può fare, credo di averlo argomentato abbastanza. così come non si poté fare con ‘sinistra per roma’, e prima ancora con ‘cambiare si può’ e prima ancora con la ‘federazione della sinistra’ e prima ancora ogni volta che sai anche tu, perché come me c’eri.
      e allora proviamo in un altro modo – senza nessuna garanzia di riuscita, beninteso.
      quest’altro modo è quello che ho tentato di delineare qui sopra, che attende riscontri di buona volontà.

      grazie sempre, companera carissima, per la tua stima che stra-ricambio!

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  3. Finalmente ho trovato il tempo per leggerti.
    Non so cosa dire. Credo però che la risposta alla morte della sinistra e alla scomparsa dei comunisti possa essere di due tipi:
    – creare una struttura che si sappia muovere a livello sociale e che abbia una sua struttura politica centralizzata. Un po’ come fanno quelli della rete dei comunisti, ma con più intelligenza. Per farlo sarebbe però necessario avere ben chiaro cosa vuol dire nella concretezza della vita delle persone e dei rapporti di produzione l’attuale fase di ristrutturazione capitalistica e questo non l’ha ancora capito nessuno. Ci sono frammenti di analisi e salti in avanti, ma nessuna comprensione articolata. Una volta avuto un barlume di questa comprensione si potrebbe iniziare un lavoro di mobilitazione, con movimenti di massa riconducibile al soggetto politico che si andrebbe a strutturare. Ci vorrebbero molti anni, tra l’altro;
    – puntare sui mezzi di comunicazione di massa, sulla televisione in special modo e creare un movimento di opinione che dia voti e consensi, poi strutturarlo in organizzazione di massa. In Spagna Podemos ha agito così. Ha studiato una tattica mediatica e ha centrato l’obiettivo. Ovviamente la situazione spagnola è differente, sia in termini oggettivi che soggettivi, ma la capacità di utilizzare il mezzo televisivo ha comunque pagato.
    Ovviamente si potrebbero fare le due cose insieme.
    Questo per dire: i partiti nascono sicuramente a tavolino, ma ci vuole comunque un tempo per far sedimentare e crescere un progetto da un punto di vista della analisi della realtà oggettiva e soggettiva. Quella è la fase più importante e delicata. Ho letto da qualche parte che Marx studiò per vent’anni, prima di dire ciò che aveva da dire, chiuso dentro la biblioteca. Probabilmente non è vero, ma questa immagine continua a tornarmi alla mente. Credo in questa necessità perché credo che l’organizzazione possa nascere solo da questa chiarezza, dalla comprensione esatta di cosa siamo ora e di cosa sono ora i nostri nemici. Altrimenti continuiamo a ripetere formule e prassi che conosciamo ma che sono diventate inefficaci. Ora, vent’anni non ce li abbiamo, ma tre mesi sono pochi.
    Un abbraccio

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    1. grande Paola, grazie e ti abbraccio io pure!
      e parliamo di politica, sì. non sono tre mesi ciò che ti chiedo: sono trent’anni e tre mesi – e trent’anni sono già trascorsi, facci caso.

      marx è semplicemente inarrivabile, per me. marx, con platone e gesù cristo e kant e gandhi, è nel quintetto-base dei più grandi maschi pensatori-attori politici della storia intera. e io potrei restare chiuso duecento anni, non venti, alla british library a studiare e pensare, e lo stesso non avrei niente da dire che fosse all’altezza di un solo angolo di pagina, smozzicata dalla critica roditrice dei topi, delle sue opere!

      però non io da solo, ma l’occidente intero – la parte che non si conforma, beninteso – sono trent’anni che patisce e guarda, e che guarda e pensa, e che pensa e dice a proposito di una risposta all’altezza della domanda. e la domanda è: “come non morire schiacciati?”
      poi, certo, l’analisi va affinata ancora parecchio e la lotta va calibrata in base all’analisi… però non siamo al ‘giorno zero’. perfino in italia, dico.
      il distillato di “pace lavoro democrazia” che presuntuosamente offro nella ‘tirata’ finale, oso credere che dia conto in sintesi dello stato dell’arte (almeno, quello spendibile fuori dalle aule accademiche critiche e dai circoli di specialisti dell’antagonismo).

      i tre mesi in più che ti chiedo, compagna, sono per sentire in giro se c’è volontà della gente comune di passare dal piano della consapevolezza individuale – dolente e risentita tanto più quanto accompagnata dal senso dell’impotenza e della sconfitta – a quello della messa a sistema delle intelligenze e delle passioni disponibili. e poi c’è un altro anno – nella road map – per arrivare alla forma organizzata definitiva, nel mentre che chi ha testa per studiare studia incessantemente.

      sto fuori come un balcone?
      abitiamo vicini, tu mi fai un cenno e io rientro.

      GRAZIE PAOLA!

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      1. La mia idea non esplicitata è questa: i partiti si fanno a tavolino, i tavolini possono avere un certo numero, piccolo, di persone a sedere. Metti (mettici) intorno ad un tavolo. Un piccolo gruppo di persone, una di fronte all’altra, non credo sul web. Parliamo di cose concrete come la realtà, partiamo dalla realtà, perché Pace, Lavoro e Democrazia le dobbiamo costruire qui ed ora e sono Pace, Lavoro e Democrazia diverse da quelle di solo pochi anni fa. La difficoltà che vedo è tutta qui, in questi processi, che sono stati veloci e che via via prendono sempre più velocità, di cui non riusciamo a comprendere altro che qualche traiettoria, a grandissime linee.
        Piccoli gruppi di persone a volte riescono a innescare potenti strumenti di analisi e prassi, soprattutto prima di costruire macchine organizzative, perché a quel punto puoi innescare processi differenti, di messa a punto di una qualche elasticità, ma non di costruzione della struttura e di obiettivi da darsi, per quelli, qualsiasi macchina organizzativa oppone strenue resistenze.
        Come avrai capito il mio movimentismo è vicino allo zero assoluto.
        Baci

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      2. e il mio no? 🙂

        super Paola, mi sembra chiaro che tu ti stia portando – e meno male! – avanti, dando la tua disponibilità per il gruppo di lavoro che dopo l’evento fondativo scriverà le proposte di linea politica e di statuto del soggetto.
        benissimo: un certo numero, piccolo, di persone, a sedere una di fronte all’altra, che parlano di cose concrete come la realtà, perché Pace, Lavoro e Democrazia le dobbiamo costruire qui e ora, e non è detto che significhino quello che significavano solo pochi anni fa, poche persone a tavolino, fiduciarie di un collettivo che si sia già riunito di qui a meno di tre mesi, mentre altri tre gruppetti svolgono il mandato di altri lavoretti da niente: il regolamento della costituente, la comunicazione, i soldini.
        il gioco sarà questo, a mio modo di vedere, o non sarà. e forse la vedi così anche tu!

        però per cominciare, perché il tuo tavolino abbia un senso da cui partire e un obiettivo cui tendere, come scrivevo a Elena la nostra ‘platea’ di partenza, qui intorno a questo schermo, non dev’essere ‘intima’ come quel tavolino: un centinaio, dobbiamo essere qui.
        credimi.

        e sennò, il tavolo per pochi che capiscono e si guardano in faccia e si dicono ciò che non si trova sugli alberi – ve bene, ce lo regaleremo tra noialtr*, e non sarà il primo né l’ultimo.

        ma intorno, la realtà non migliorerà di un capello.

        baci

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  4. la pagina sta qui in pubblico world-wide da una settimana. da una settimana è nella cassetta postale di duecento tra compagni e amici teoricamente più sensibili al tema. da una settimana è a disposizione – sempre in teoria – di chi, tra i compagni e gli amici miei, pensi di avere a sua volta compagni e amici, interessabili pure loro, cui sottoporla per altri riscontri.

    però ad oggi abbiamo tre gran bei commenti – e basta.
    (oltre a una mezza dozzina di ‘bravo, non mollare’, graditissimi, pervenutimi in privato.)

    vediamo questa seconda settimana che viene cosa porta. (poi ne restano undici, fino al 18 ottobre.)

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    1. Ciao Paolo, io come forse ricorderai non sono un “politicizzato”, ma ho comunque letto tutto quanto hai scritto, sia per stima nei tuoi confronti (e per chi ha “sponsorizzato il post” 🙂 ovviamente ), sia per verificare convergenze con le mie idee; devo dire che in una discreta parte dei contenuti mi riconosco, ma , se posso permettermi vorrei farti un appunto (senza nessuna presunzione, ma che magari potrebbe in parte rispondere alla carenza di commenti) …..forse dipenderà da me ma ho trovato la lettura molto…troppo difficile in alcuni passaggi, forse illustrare i concetti in modo più semplice ed immediato aiuterebbe la comprensione (parlo in primis per me) la voglia di dialogo e il piacere di partecipare…..detto ciò ti mando un cordiale saluto ed un abbraccio

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      1. Claudione grazie! e grazie pure al ‘nobile gancio’ che mi ha rilanciato su facebook, dove mi hai trovato tu!
        è prezioso ciò che dici e suggerisci, sulla semplicità (e – aggiungo io – pure sulla concisione ci sarebbe da lavorare), e io ci ho provato – che ti credi? ma un po’ è che già la ‘cosa’ in sé non è né facile né spiccia, e un po’ è che io evidentemente non sono un ‘bravo divulgatore’ perché altrimenti alla veneranda età mia, con la smania che ho di dare una mano all’italia – e alla sinistra in particolare -, qualche risultato l’avevo già raggiunto!
        la risultante di questi due ‘vettori divergenti’ – voglia politica e capacità politica -, a questo stadio della mia vita, del mio studio e della mia esperienza sul campo, è quello che hai davanti, con l’aggravante in più che è scritto! cioè, intendo, che se fosse una chiacchierata di persona ci si raccapezzerebbe forse meglio: ed è appunto quella che sto implicitamente chiedendo di fare a chi condivide il quadro generale.
        però di buono la forma scritta ha questo (perfino una forma pedante come la mia), che almeno rispetto al quadro generale che ha in testa chi scrive non ci possono essere equivoci o pretesti: né io posso dire ‘ma no, mi è scappato, non volevo dir questo’ né chi legge può dire ‘ah, ma i patti e le prospettive erano tutta un’altra cosa’. e Claudio caro, ti assicuro che questo – visti ormai tanti andazzi – è un discreto valore.

        grazie ancora per la stragradita attenzione e straricambiata stima!

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    2. ricevo dalla cara amica Daniela C, che non riesce a postare qui, con richiesta di pubblicare in sua vece. ed ecco, molto volentieri:

      Caro Paolo,
      ho letto con molta attenzione il tuo documento e, siccome neanch’io ho il dono della sintesi, ti prego di scusarmi se non sarò breve. Ho anche riflettuto parecchio, prima di risponderti ed è per questo che lo faccio dopo una settimana dalla tua mail; inoltre ti prego di non volermene se avanzerò delle critiche e delle perplessità.
      Anzitutto tu sai quanto ti stimo e quanto ci tengo ad averti come compagno di viaggio in questo percorso politico di creazione di una forza unitaria di sinistra. Il nostro obiettivo è lo stesso, caro Paolo, e spero che lo sarà sempre. Però, permettimi, il tuo ragionamento, a mio avviso, ha alcuni punti deboli.
      Nulla da dire riguardo alla diagnosi.
      Per quanto riguarda la terapia: come ben sai, io faccio parte di Azione Civile e la terapia che tu proponi “coagulare un soggetto politico strutturato, radicale di ispirazione e popolare come ambizione “ è contenuta proprio nel Manifesto degli Intenti che abbiamo recentemente approvato, lì dove si dice che “Compito di Azione Civile è contribuire alla nascita anche in Italia di un nuovo soggetto politico, superando ogni rendita di posizione, ogni retaggio del passato”. Dice anche altro, ma sarebbe davvero troppo lungo trascrivere tutto. In ogni caso, Azione Civile lavora all’interno della Lista Tsipras, e davvero ci auguriamo tutti che il processo iniziato vada avanti con esito positivo prima della prossima glaciazione. Anche Rifondazione, cui fai riferimento, è all’interno di questo percorso, quindi, se non vogliamo disperdere le forze, per me la cosa migliore è continuare a lavorare all’interno di qualcosa di già esistente e avviato, anziché ricominciare tutto daccapo, sia pure con l’entusiasmo, la concretezza e la serietà che hai dimostrato. Ma perchè buttare via anche il bambino insieme all’acqua sporca? Il contenitore già ce l’abbiamo, occorre riempirlo di contenuti condivisi, anche a costo di ingoiare (beninteso, almeno per i primi tempi e solo finchè il processo sarà andato a regime) altri bocconi amari, in vista di un obiettivo che è davvero troppo importante raggiungere per il futuro di tutti noi.
      La tua Road Map richiede dei tempi, e già qui noto una contraddizione: da un lato sostieni che le attuali forze agiscono con troppa lentezza, dall’altro esprimi la necessità di agire senza fretta. Secondo me, invece, non abbiamo tempo e dobbiamo cercare di accelerare al massimo il processo unitario delle forze di sinistra. Non posso dimenticare che già parecchi anni fa, durante una manifestazione alla Fiera di Roma, il “grande vecchio”, Pietro Ingrao, ci esortò, con un appello accorato, a “fare presto” e invece, troppo tempo abbiamo perso in autoreferenzialità, appartenenze, frammentazioni, dissensi sulle virgole, anziché tentare, come ha detto anche Tsipras, di guardare a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide. Se a questo aggiungiamo la sfiducia della gente, che oltretutto non crede più che la sinistra possa essere portatrice di valori, che non va più a votare o indirizza il voto verso altre formazioni più populiste in grado di dare voce al malcontento, che ormai ripete il mantra del “tanto sono tutti uguali”, è evidente quanto sia importante mostrarci compatti e determinati. Ma non possiamo occuparci solo delle battaglie che riguardano il quotidiano (come dici tu “le cose che gli italiani a milioni capiscono immediatamente, perché le scontano in modo basico e diretto sulla propria pelle, sono (e a lungo saranno): il lavoro, cioè il reddito, la democrazia, cioè la libertà, e la pace, cioè la sicurezza”). Secondo me sono altrettanto importanti le cose che non capiscono o delle quali non sono informati perché i media non ne parlano, ma che mettono una pesantissima ipoteca sul futuro di tutti: TTIP, corruzione, le riforme, i rapporti internazionali, ecc, sono cose che gli italiani subiscono senza neppure sapere il perché e il percome, mentre discutere della forma partito o delle alleanze può favorire quel processo di partecipazione alle scelte politiche di cui da tante parti si sente il bisogno.
      Un altro punto debole, cui tu non hai fatto alcun cenno, è la prossima scadenza elettorale della primavera 2015: come ci presenteremo? Quel milione e passa di persone che ci hanno votato alle Europee ormai conoscono un nome (L’Altra Europa), un simbolo, una serie di persone che si sono spese e che meritano ogni considerazione in virtù delle loro indiscutibili capacità e qualità morali. Presentarci con un altro nome, o presentarci ciascuno col proprio simbolo, o presentarci ancora come un cartello elettorale, secondo me sarebbe un vero suicidio, anche perché in campagna elettorale siamo stati capaci di attrarre proprio perché ci proponevamo come l’inizio di un percorso che finalmente portasse all’unità della sinistra. Quindi, a mio avviso, dobbiamo continuare su questa strada.
      Quanto ai movimenti, concentrati su singole battaglie, dobbiamo attrarli facendo capire come le loro istanze ci stiano a cuore e siano anche le nostre battaglie, sia pure all’interno di quel processo aggregante e unitario che stiamo cercando di costruire.
      Altri due punti dolenti: la comunicazione e i finanziamenti.
      Quanto alla comunicazione, se siamo stati ignorati dai principali media per tutta la campagna elettorale, se è stata palesemente violata la par condicio, se non hanno dato nessuno spazio neppure alle personalità più insigni del panorama politico e costituzionale italiano, come pensi di superare questo handicap? Perché mai dovrebbero dare spazio al nuovo soggetto politico che tu proponi? Sarebbe ugualmente ignorato, denigrato, ne metterebbero in evidenza solo gli aspetti negativi, considerandolo l’ulteriore frammentazione dell’atomo, quindi temo che anche per la comunicazione, sia con la Lista Tsipras che con qualsiasi altro soggetto, dovremo fare da soli, inventandoci modi e forme di comunicazione e di informazione in grado di colpire l’immaginario dei cittadini e di darci visibilità.
      Per quanto riguarda i finanziamenti, invece, occorre fare i conti con il fatto che le persone sono allo stremo, che tutta la campagna elettorale è stata autofinanziata, che non abbiamo più una lira per piangere, che non abbiamo soggetti facoltosi o fondazioni in grado di finanziarci, ma anche che senza soldi non si va da nessuna parte. Però, se siamo in tanti, anche il piccolo sacrificio economico cui siamo e saremo chiamati può fare la differenza nella creazione di quel gruzzoletto che ci permetta di andare avanti e farci acquisire gli strumenti per l’attività politica di cui abbiamo bisogno. Se, invece, ognuno pensa solo alla propria parte politica, e deve finanziare non solo quella ma anche contribuire a finanziare il processo unitario, davvero non ce la possiamo fare, perché il sacrificio economico richiesto sarebbe doppio. Per un po’ si può fare, ma alla lunga diventa estenuante e insostenibile.
      Ultima osservazione: il processo unitario deve essere il più possibile inclusivo, prendendo l’esempio da ciò che ha fatto Tsipras in Grecia: lui è stato capace di far convergere in un unico grande partito, Syriza, forze politiche frammentate e diverse e questo, secondo me, è uno dei suoi grandi meriti. Tu, invece, inizi facendo dei “distinguo” e questo, a mio parere, non va bene. Non possiamo scegliere di fare politica solo con chi piace a noi, né con chi è in sintonia al 100% con le nostre posizioni. Per costruire un’unità è necessario saper aggregare anche quelle forze che si differenziano dal nostro modo di pensare e di agire, che vorrebbero usare metodi e strumenti diversi. E solo con il metodo del dialogo e del confronto costante si può ottenere il risultato. Quello che tu definisci “un piano operativo razionale” va benissimo, e proprio perché è un piano, si dà delle scadenze, ha un percorso logico ed il pregio della concretezza che, secondo me, dovrebbe essere utilizzato all’interno di un “contenitore” già collaudato, ossia, per me, proprio la Lista Tsipras. Tutto può essere migliorato, ovviamente, ed il tuo contributo in questa fase sarebbe davvero essenziale. Abbiamo già perso troppi “pezzi” per strada, non dobbiamo perderne altri, anzi, dobbiamo cercare di far riavvicinare tutti quelli che, per un motivo o per l’altro, si sono allontanati.
      Per questo, caro Paolo, pur apprezzando molto l’impegno che hai messo nella creazione della piattaforma che hai proposto, mi sento di dirti: non andare da solo, lavoriamo insieme, l’abbiamo già fatto e con risultati ottimi (penso alla manifestazione per la Costituzione che abbiamo realizzato in una settimana!). Ripartiamo da lì, il viaggio di tutti i compagni che hanno condiviso il nostro percorso deve proseguire insieme. Sta a noi fare in modo che “ i germi del movimentismo e della “paura”? (o la scientifica scelta) – come dice Dalila – di non dare vita ad una struttura organizzata, indispensabile per il futuro delle nostre idee” non prendano il sopravvento e facciano abortire un progetto in cui tutti abbiamo creduto.

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      1. Daniela cara davvero, grazie per l’attenta disamina della mia proposta e GRAZIE per le numerose parole di stima e affetto per me – ricambiati entrambi – di cui mi fai segno nella tua ricca risposta!
        eccola qui sopra, come volevi, anche all’attenzione degli altri – lo merita senz’altro.
        e io pure ci penserò ancora su.

        ti replico però subito solo in tre punti tra quelli da te toccati.

        tu dici “la prossima scadenza elettorale della primavera 2015: come ci presenteremo?”
        mi pare di aver risposto, al paragrafetto 14: “la road map by-passa intenzionalmente gli appuntamenti elettorali già in programma – le regionali 2015 in campania, veneto, puglia, emilia-romagna, liguria, e le amministrative in tanti comuni importanti – o le ventilate politiche anticipate d’artificio (dovesse renzi farci pure questo scherzo). e anzi, ripeto: è proprio per ‘correre appresso’ al voto ogni volta, che la sinistra radicale non si è mai data il modo di costruire se stessa come si deve. quindi lascio volentieri ad altri più sapienti e inseriti di me, le ambasce sia di decidere se e come e con quali geometrie e in quali gerarchie ‘pezzi’ o ‘puzzle’ di sinistra (prc, altra europa, sel…) si presenteranno alle prossime scadenze, sia di ‘orientare’ il mandato dei tre italiani eletti a strasburgo e bruxelles nel nome di tsipras e nel novero della sinistra europea (benedetti che sono, quella sinistra e quel greco!) – tra l’altro, con l’impossibilità per noi compagni qualsiasi di sapere esattamente chi è che decide e perché lo fa.”

        secondo. in sostanza mi dici: “ma perché vuoi fare un’altra cosa, anziché (continuare a) ‘fare’ l’altra europa ex-listatsipras?”
        rispondo che il perché non voglio (più – e da quasi due mesi, ormai) ‘fare’ l’altra europa ex-listatsipras l’ho argomentato praticamente in tutta la paginona, però ti sottopongo in particolare questo passaggio per rassicurarti che niente è più lontano da me dell’idea di fare qualcosa di ostacolo ai buoni amici e compagni (come te) che invece si spendono ancora in quel progetto, dove dico (par.10): “ciò che serve qui è la somministrazione della medicina alla sinistra, e di conseguenza alla repubblica italiana. ben sapendo che nessuno ha la ricetta sicura in tasca, e certo non ce l’ho io, e che nessuna soluzione suggerita dovrebbe aver la pretesa di azzerare gli altri tentativi intrapresi e in corso.”

        infine. a più riprese mi dici: “restiamo insieme, e quanti più siamo meglio è”, ‘rimproverandomi’ di fare dei distinguo nel mio tentativo di sensibilizzazione e di mobilitazione, di discernere tra cittadini democratici e cittadini democratici.
        però scusa, Daniela, va bene che siamo passati attraverso il ventennio berlusconiano, tanto brutto e democìda che ci siamo sentiti tutti – noi cittadini democratici delle più diverse sensibilità – talmente indignati da quel tipo di regime, che ci è entrato dentro una specie di horror vacui per cui se a una manifestazione o in un’assemblea o nel gruppo di lavoro ci giriamo e vediamo un vuoto là dove invece dovrebbe esserci anche il centesimo rappresentante della centesima sfumatura dell’essere antiberlusconiani, ci sentiamo soli pure in mezzo agli altri 99 cittadini democratici! ma questa, perdonami, è una forma patologica del fare politica, logicamente provvisoria: fisiologicamente, di regola, non dovrebbe esser così!
        fisiologicamente e in tempi di ‘normale’ lotta politica tra destra e sinistra, e di competizione tra orientamenti moderati e radicali nell’una e nell’altra, e tra ideologie specifiche all’interno degli orientamenti – è normale, viceversa, è sano che chi si accinge a metter su un gruppo di elaborazione e azione espliciti dei paletti un po’ più alti del banale “sei onesto? allora vieni!”. e se ci fai caso, succede anche a te – magari inconsciamente e personalmente, laddove in gruppo dici “è tutto bòno”!
        ecco, Pace Lavoro Democrazia invece vorrebbe giocare da subito e pubblicamente in totale trasparenza politica e intellettuale. buttala via! (anche perché sennò i problemi sorgono subito dopo l’avvio, e paralizzano qualunque buona idea iniziale – e so che lo capisci benissimo.) e infatti sui tre temi ‘eponimi’ (specie sul lavoro – par.23 -, avrai notato) mi pare di aver dettagliato una ‘vision’ abbastanza dirimente – tale che si possa dire francamente “sì, fa per me” oppure “non mi ci ritrovo”, e agire di conseguenza! no Dani?

        per ora tutto qui, e grazie ancora degli spunti preziosi!
        un abbraccio

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  5. Ciao a tutti,ho letto le vostre riflessioni e credo che al di la della forma e della mancanza di sintesi tipicamente paolesca, la questione più urgente, visto che, come ci fa notare giustamente Paola, non abbiamo molto tempo, sia decidere se vogliamo provare a discutere di come dare i primi punti di imbastitura a questo progetto oppure molto onestamente dire no grazie…
    Dalila c’è!
    Paola?
    Claudio?

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    1. Elena compagna di sempre, ti ringrazio per il tuo sacrosanto contributo di concretezza!
      in effetti il mio ‘appello’ (prolisso e labirintico) per sua natura non è che un tipico ‘messaggio nella bottiglia’, che ho messo nella corrente del web dandogli un colpetto nelle direzioni che immagino e spero più fertili. ma se il messaggio poi non diventa una ‘conversazione’, un incontro concreto e un piano operativo in cui qualcuno (molti) dice (dicono) ‘ok, io faccio questo’, resta un esercizio di stile – l’ennesimo ‘sarebbe stato interessante se’.

      però, per onestà intellettuale e per fugare aspettative irrealistiche, aggiungo che la conversazione stavolta – per l’obiettivo follemente ambizioso che il messaggio si pone: fondare un partito o una coalizione di partiti, nientemeno! – non può nemmeno in fase aurorale restringersi a poche anime pur bellissime.
      il percorso per l’assemblea costituente di ‘pace lavoro democrazia’ lo gestirebbero quattro gruppi di lavoro (n.13), ciascuno col suo bel da fare. e stimo in non meno di cinque compagni validissimi la composizione di ogni gruppo. cioè dall’evento fondativo dovrebbe uscire un collettivo operativo-politico di almeno venti persone!
      ma io credo che per averne venti ‘in trincea’ alla fine dell’evento fondativo di ottobre, al suo inizio dovremmo essere il doppio almeno – poiché una decina dirà alla fine, dopo largo dibattere, ‘no, non fa per me’, e un’altra decina dirà ‘ci sto, vi appoggio in tutto, ma non posso far parte di nessun gruppo di lavoro con ciò che richiede’.
      e per essere in quaranta presenti all’evento fondativo, qui a discuterne da ora in avanti dovremo essere almeno il doppio – di nuovo. perché una ventina dei partecipanti al dibattito virtuale non tradurranno mai – perché per essi il web è una cosa, la realtà un’altra – l’attenzione pur sincera a ciò che qui si dice in azione fisica, e quindi non verranno per mille buoni motivi subito annunciati o solo all’ultimo (e lo sai quanto me), e perché un’altra ventina (su ottanta) stimo essere quelli che sarò io a disincentivare alla partecipazione (diritto che mi sono riservato apertis verbis – n.21 – dopo tante brutte e appiccicose sorprese in questi anni di civismo attivo) nonostante il loro asserito buon animo.

      ottanta, Elena – meglio ancora se cento -, dobbiamo essere qui a breve per far crescere il consenso per il progetto ‘pace lavoro democrazia’, perché non sia l’ennesima bolla di sapone (che non posso permettermi – e a fortiori, manco la sinistra italiana può).
      ne convieni?
      quindi, ora vediamo un po’.

      un abbraccio GRANDE!

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  6. Pablo!
    sono riuscito solo ora a leggere tutto (tranne -se non alcuni e in parte- i commenti), quindi, copio, incollo, sincronizzo e adeguo quello che già ti avevo mandato in privato.
    la prima aggiunta è che solo leggendo qui ho visto che sei uscito da facebook….quanto ti seguo, eh?!?!?
    La tua analisi e visione è molto lucida ed esposta in modo chiaro ed attuale….questo fino al versetto 16. poi, come mi pare già segnalato da qualcuno, l’analisi è sì ancor più lucida, ma esposta in modo più complesso. Il che mi ha richiesto un po’ più di attenzione e mediazione (cit.), io che di solito apprendo le tue scritture im-mediatamente (aricit). Bene, così m’imparo!
    Anche col prosieguo della lettura, l’unico commento che mi sento di fare è quello che ti avevo già mandato e qui riporto paroparo.
    Ho una grossa perplessità, risultato delle ultime disillusioni. ti parlerò un po’ “di pancia”.
    Ho l’impressione che ci si debba un po’ violentare e distaccare dalla repulsione dal leaderismo. con la scusa della “democrazia”, tutti hanno messo bocca su tutto e con il fuoco incrociato hanno impallinato l’idea di una alternativa radicale al sistema attuale.
    E’ un dato di fatto che col sistema rappresentativo attuale solo i personaggi “forti” (o resi tali ad arte) hanno determinato i successi elettorali e più in generale “politici”.
    Sia i moderati che gli incazzati, puniscono i movimenti che non sfoderano un personaggio accentratore. L’italiano medio deve essere imboccato e ciò mi sembra sempre più vero negli ultimi anni.
    La trasformazione sociologica che tu ben conosci mi fa pensare che l’unica possibilità di successo in termini percentuali sarebbe quella di limitare il diritto di voto!
    Allora, io credo che se non “copiamo” dai vari Renzi, Grillo, Berlusconi, Bossi (e ora Salvini sta “ben facendo”), e non esplicitiamo nello statuto che la linea è una e una volta scelta non si deve rompere il cazzo (tipo le clausole di non concorrenza che fanno firmare ai bancari o gente della finanza quando si licenzia), becchiamo un’altra scoppola che ne basta la metà.

    Detto questo, e alla fine di una tua lettura che per l’ennesima volta mi ha reso consapevole della mia impreparazione storico-politica su troppi argomenti, da buon baskettaro approvo il tuo quintetto-base, vado a studiare per capire chi proporre in panchina (perchè è coi punti dei panchinari che si vincono le partite), e inizio a tifare per te (nel senso inglese di “support”…pronto anche però ad incarnare un po’ di sano hooliganismo, per quando serve….).

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    1. e lo dico sempre che di Nicolone ce n’è uno! (purtroppo.)
      GRAZIE!!!
      i ‘versetti’ è bellissima! in effetti nelle recondite ambizioni dell’autore, ‘sta roba vorrebbe essere tipo il ‘vangelo dei comunisti italiani del 2014’. 😀

      serio: sono d’accordissimo sulla necessità di superare la ‘paranoia anti-leaderistica’ che ci affligge (noi di sinistra-sinistra) e ci paralizza di brutto nel perseguire concretamente l’obiettivo di condividere col grande pubblico le idealità e i programmi che, se solo avesse modo di conoscerli, esso pubblico sentirebbe come propri, efficaci e urgenti!
      la road map dovrebbe infatti portare Pace Lavoro Democrazia ad avere presto o tardi una ‘guida’, emersa da un percorso totalmente democratico e con le caratteristiche di 1. contendibilità, 2. verifica dell’operato da parte della base attiva, 3. osmosi continua con le elaborazioni della base medesima.

      speriamo che man mano anche altri compagni e amici si rendano conto che senza un’organizzazione di questo tipo, pure la migliore ‘ricetta’ per la malattia della repubblica e della sinistra italiana resterà ancora e sempre allo stadio di ‘ce la raccontiamo solo tra noialtri’.

      grazie ancora grande Nik, ma non dirmi che tutto quello che ho scritto – politica, storia, strategia, tattica – non lo sapevi già: io l’ho solo messo in fila. da bravo panchinaro – anzi, come l’ultimo dei ‘ragionieri’ dell’umanesimo socialista!
      gli artisti sono altri, e ce ne nutriamo sempre. (anche se poi pure i ragionieri in dati momenti possono tornare utili.)

      hastalavictoriasiempre, companero!

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      1. PS. (leggermente off-topic):

        la scienza ha recentemente scoperto che è colpa di una piccola regione dell’epitalamo (un pezzetto del nostro cervello) che si chiama abenula, se siamo pessimisti. questa abenula (un fregnetto triangolare che peserà qualche grammo), piazzata sotto la nuca, inibisce la dopamina – che è il neurotrasmettitore che il cervello produce per darci il segnale che stiamo bene e che ‘ci gira’ bene. perciò, quando l’abenula lavora troppo noi abbiamo la sensazione che ci vada tutto male, e che non potrà che andar peggio. l’abenula – diciamo così – è la sede fisica delle leggi di murphy!
        e riguardo a questo mio/nostro progettino, ‘sta roba è importante. perché, vedete, noi di sinistra – e più di sinistra siamo più questa cosa è accentuata – ci diamo per persi troppo spesso e troppo facilmente: c’è troppa abenula e troppo poca dopamina nella sinistra-sinistra! a tutto vantaggio dei nostri avversari politici, sociali, economici, storici – che si fregano le mani ogni volta che diciamo “questo non si può fare, non ci riusciremo mai.”
        gramsci lo spiegò benissimo, e lo sappiamo tutti a memoria.
        aggiungo solo che l’epitalamo (dove sta l’abenula, e dove sta pure la famosa ghiandola pineale che i premoderni ritenevano la sede dell’anima) è il residuo dell’evoluzione di una storia molto antica del cervello: non è propriamente umano, insomma, ma lo condividiamo con specie parecchio meno avanzate della nostra.
        capite? il pessimismo, la sfiga, la rinuncia – conferma la scienza – sono il passato quasi-rettile: mentre immaginare e volere e sperare e credere di riuscire, sono l’umano presente e futuro!

        daje.

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      2. dati di fatto.
        il 6 agosto l’istat rivedrà la stima di crescita del paese, e tutti danno per scontata una netta sforbiciata: il pil quest’anno segnerà un misero +0.2%, appena un quarto dello 0.8% strombazzato dal governo mesi fa (che poi era già una miseria – strombazzatevi cosa?).

        le reazioni.
        renzi, con padoan affianco, ammette che “le cose non stanno andando come si sperava”, che “nonostante gli sforzi per rilanciare i consumi rappresentati dal bonus irpef da €80 euro (ahahah!), la situazione economica in italia e nella ue è meno favorevole di quello che speravamo a inizio anno”, che “la situazione richiede un maggiore sforzo per la crescita e per il consolidamento dei conti pubblici”, che “i dati macroeconomici sono altalenanti”, che “lo spread si è abbassato vistosamente ma non è in grado di risolvere il rapporto debito-pil”, che “c’ho un’esame in ballo… e poi non sono stato molto bene (dicci cos’hai avuto di preciso) …che c’ho le papille gustative interrotte …c’ho il gomito che fa contatto col ginocchio.”

        considerazioni mie.
        ma i compagni e gli amici di sel – intendo quelli come si deve, quelli che credono onestamente a un futuro per l’altra europa (ex – lista tsipras) – che dicono? ce l’hanno o no presente che il problema, per i dirigenti del loro partito da quando col congresso di fine gennaio per un pelo sel ha deciso di fare le europee non con una propria lista ma con la lista tsipras, è un problema grosso e del tutto irrisolto?
        ed è: dentro o fuori dal centrosinistra? ossia: alla corte di re matteo (servo della gleb… del neoliberismo) o invece contro, a preparare gli stati generali e da lì magari alla bastiglia?
        per i compagni e gli amici di sel quelli come si deve magari sarà chiarissimo, certamente, se stare dentro o fuori. ma mi sa che appunto per questo essi non sono poi così dirigenti.
        avrete sentito vendola l’altro ieri, e ieri de pretis e fratoianni: ‘lo strappo del pd (sulle riforme) non sarà senza conseguenze’. traduco: se il pd va avanti di testa sua (con l’appoggio della destra) sulle riforme, allora rimettiamo in discussione l’alleanza strategica per le regionali e le locali di primavera. come a dire che se invece il pd concede qualcosa (preferenze, soglie) allora l’alleanza resta intatta.
        e avrete sentito soprattutto renzi, ieri: se sel non vorrà essere più nostro alleato in futuro, allora ce ne faremo una ragione. come a dire: al netto dell’opposizione parlamentare sulle riforme, io pd ho motivo di considerare sel a tutti gli effetti come un alleato strategico (al pari del psi di nencini e dei tabacciani) nel quadro del centrosinistra, sempre che non sia sel a ‘scartare di lato’ (e ‘cadere a sinistra’ – pensa renzi).
        quindi è chiaro che il mainstream di sel (quindi dico non la ‘corrente bandoli’, per esempio, che però vedo parecchio marginalizzata e senza la forza politica di compiere un altro miracolo come al congresso, cioè rispostare – per un pelo – il timone del partito su una rotta divergente da quella del centrosinistra) non ha affatto metabolizzato questo pd, questo governo, e il renzismo tutto, come l’avversario. ed è provato così che la paralisi del progetto l’altra europa non dipende tanto dalla mancanza di organizzazione, ma dalla difformità proprio su questo punto tra la componente sel e quelle di rifondazione e della ‘società civile’ (difformità che si butta come sporcizia sotto il tappeto, proprio non dotando il progetto di democrazia interna e incidenza esterna).

        appelluccio finale.
        amici e compagni di sel come si deve, prendetevi pure il tempo che volete per rifletterci e confrontarvi tra voi. ma se per voi è chiaro che renzi è l’avversario, ed è con questo spirito che state dando il vostro generoso apporto al progetto l’altra europa, io credo sia il caso anche per voi di considerarne ormai gli evidenti limiti come intrinseci.
        il mio abbozzo di percorso ‘pace lavoro democrazia’ parte invece su basi ben più rigorose, politicamente, e democratiche, metodologicamente.
        fateci un pensiero sereno sopra. dite qui la vostra, e mettete in agenda magari che in ottobre ci si possa incontrare di persona per combinare qualcosa di concreto.
        ottobre è ‘domani’? se servirà, d’accordo: allungheremo un poco i tempi. ma non allungheremo il brodo! sennò sarà tutto inutile già in partenza, che di acquetta basta quella che c’è.

        PS.:

        il perché poi sia davvero improponibile per una forza soi-disant di sinistra un’ipotesi di convergenza anche solo circoscritta e temporanea – e perfino locale – con il partito di renzi, credo di averlo ben argomentato nell’articoletto che gentilmente l’indro mi ha pubblicato il 2 agosto
        http://www.lindro.it/blog/2014-08-02/136892-sua-maesta-renzi-sarebbe-il-nuovo

        altre riflessioni, sul mio blogghetto personale
        http://paoloandreozzi.weebly.com/

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      3. ok, con oggi sono due settimane che questa pagina è aperta e pubblica.

        le sue tesi sono state variamente commentate qui in chiaro da (in ordine di apparizione) elena, dalila, paola, claudio, daniela, nicola e pasquale – oltre che da me stesso, in replica (e ringraziamento) ai commenti loro. ulteriori riscontri li ho ricevuti io in privato (da altri dei 200 destinatari iniziali – ricordate?) ma alla crescita della necessaria discussione pubblica sul progetto proposto, ahimé, non servono.

        il prospettino statistico dice che in quattordici giorni, compreso oggi, i visitatori sono stati 186 – né io posso sapere quanti di questi siano in realtà uno stesso visitatore che scorre la pagina in giorni differenti.

        la pagina è stata a più riprese rilanciata su facebook – sopratutto da valentina – e ospitata dal sito plurale e indipendente esseblog.it, oltre che oggetto di un riferimento anche sul sito d’informazione lindro.it.

        è tanto, tutto questo?
        no, è poco.
        ma evidentemente è la misura che al momento la mia proposta si guadagna sul libero mercato delle idee politiche in circolazione – giacché è certo che “pace lavoro democrazia” non subisca alcuna censura intenzionale da parte di chicchessia: non ne varrebbe la pena!

        ne prendo atto. e mi prendo una decina di giorni di riposo.
        ci ritroviamo qui intorno a ferragosto.

        un abbraccio sincero a tutte e tutti!

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  7. Da iscritta a Rifondazione sono al contempo fiduciosa nelle decisioni del partito e delusa dall’esperienza di L’altra Europa post-elezioni, a parte la presenza di Eleonora Forenza nel Parlamento Europeo che mi riempie di orgoglio.
    Per questo apprezzo l’iniziativa di Paolo, che mi conquista soprattutto là dove dice “perché noi diremo le cose che devono esser dette e faremo le cose che devono esser fatte, e le diremo e le faremo avendo costruito il megafono per essere ascoltati e la scena per esser visti.”

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    1. ricevo dal caro compagno Claudio U, segretario romano di Rifondazione, che al momento non riesce a postare qui. ed ecco, molto volentieri:

      Cari Valentina e Paolo il problema che voi ponete è serio e richiede un approccio complesso e articolato; la necessità di dare vita a percorsi partecipati, dal basso, inclusivi, seppur un po’ confusi e soggetti a dinamiche assemblearistiche e leaderistiche, è ineludibile; altrettanto ineludibile, dal mio punto di vista, la necessità di un partito comunista, che riproponga il tema di una strategia per la trasformazione sociale, a partire da un chiaro punto di vista “di classe”, capace di produrre egemonia e alleanze sociali… le due cose non si escludono ma vanno messe in relazione dialettica. L’errore di ‘Pace Lavoro Democrazia’, se mi è concesso, è di ritenere che le insufficienze delle tre code a cui si fa riferimento, possano essere superate da un nuovo soggetto politico strutturato, sulla base di un presupposto sostanzialmente volontaristico; non credo sia così, tali insufficienze hanno ragioni oggettive e vanno lette nel rapporto tra crisi del capitale e ridislocazione delle varie componenti di un potenziale blocco sociale. Ho provato ad arrivare alla fine del testo del sito, ma la mia capacità di leggere in rete ha dei limiti e sopratutto da un certo punto in poi il ragionamento non mi convince. Comunque sono anch’io impegnato a ragionare su questi temi e spero di poter offrire un contributo (su carta e da leggere in poltrona), a partire da quello che secondo me è il tema imprescindibile e cioè la relazione tra un definito punto di vista “di classe” che i comunisti dovrebbero saper produrre, e una più vasta alleanza sociale organizzata in una sinistra più ampia e organicamente antiliberista. Questo è il senso della scelta del PRC di rafforzare il Partito e contestualmente investire ogni risorsa nel progetto de L’Altra Europa.

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      1. caro e stimatissimo Claudio, segretario della mia città del partito che mi piace di più (c’è iscritta pure mia moglie !),

        attendo col massimo interesse ancora altri commenti tuoi e di tutte e tutti gli altri militanti di Rifondazione che conosco e apprezzo tanto, e che sanno ormai della mia proposta: commenti e critiche, anche, certamente!
        se arriveranno, discorreremo pubblicamente della mia e della vostra idea su come uscire dal ghetto, e sennò… oh, io la mia ve l’avevo scritta per filo e per segno! 😀
        ma intanto, sui tuoi primi parziali riscontri: lo spunto di ‘pace lavoro democrazia’ è certo volontaristico, ma non di meno è di classe; e ovviamente non pretende di insegnare ai comunisti né la vision della società nuova né la strategia del suo perseguimento col partito, ma semmai suggerire una tattica contingente. cioè questa: io penso che non dobbiamo più solo ‘tenere’, ma contrattaccare; e i limiti insuperabili, in quest’ottica, di ‘l’altra europa’ li ho colti nelle stesse schiette risposte di Paolo Ferrero – tuo segretario nazionale – all’incontro nella sezione di monteverde del vostro partito, qualche settimana fa!
        cosicché mi sono fatto l’idea che un militante e tanto più un dirigente di Rifondazione non possa ora muoversi troppo disinvoltamente fuori dalla tattica tracciata. e però io sì: perciò approfittatene! 🙂
        (anche perché hai visto anche tu che nel partito – e non da ruoli trascurabili -, stante la tutt’altro che chiara rotta da seguire in ‘l’altra europa’, c’è chi parla disinvoltamente di geometrie variabili e di possibili alleanze nientemeno che col PD, alle prossime elezioni locali…)
        stiamo messi bene, eh?

        un abbraccio sincero e comunista, daje!

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      2. che poi io sono l’ultima ruota del carro, davvero.
        e allora?

        allora c’è quella storia del volo 173 della united airlines, partito da new york via denver, che poco dopo le cinque del pomeriggio del 28 dicembre 1978 comincia la discesa verso portland. al momento di abbassare il carrello si sente un rumore sordo e l’aereo sbanda leggermente, il comandante parla via radio con portland e dice “abbiamo un problema al carrello”. con la torre di controllo concordano di girare un po’ sopra l’aeroporto, per vedere di decidere qualcosa. “quanto carburante abbiamo?” chiede il comandante al motorista, “per una trentina di minuti” dice lui. e il comandante e i due ufficiali continuano a discutere sulla possibilità o meno che il carrello alla fine si apra correttamente. ma la loro percezione del tempo è tutta sbagliata, e alle 18.07 uno dei motori si spegne. sei minuti dopo si spegne anche l’altro, l’aereo manda l’ultimo messaggio al controllo di portland: “stiamo precipitando”.
        poi c’è quell’altra storia di elaine bromiley, operata da qualche parte in inghilterra il 29 marzo 2005 per raddrizzare il setto nasale, alla quale l’anestesista, insieme al chirurgo otorinolaringoiatra e a un altro anestesista più esperto, non riesce a inserire la cannula per la ventilazione artificiale. è un tentativo che di regola va protratto per non più di qualche minuto, altrimenti il cervello e il cuore possono subire danni irreparabili. i tre medici invece insistono per venti minuti, scartando l’ipotesi di una tracheotomia immediata. elaine bromiley va in coma irreversibile. suo marito martin dà l’assenso al non-accanimento, e lei – resistentissima – muore l’11 aprile.

        i due casi (li prendo dall’ultimo numero di “internazionale”, un articolo illuminante di ian leslie da “new stateman”) sono accomunati in questo: il comandante e i due ufficiali del volo per portland hanno una carriera alle spalle e tanto talento ma in quel caso sbagliavano, e benché il resto dell’equipaggio avesse capito che stavano sbagliando nessuno si è preso la responsabilità di urlare ai tre ‘decisori’ di cambiare manovra in tempo utile; e il chirurgo e i due anestesisti di elaine, anche loro esperti e bravissimi ma in quel singolo caso ingoiati in una specie di autismo – le infermiere presenti in sala non se la sentirono di mettersi davvero di traverso alle loro decisioni sbagliate.

        ecco. io sono l’ultima ruota del carro del comunismo italiano, e chi lo guida o lo orienta è molte molte volte più bravo e più esperto di me. però sta sbagliando.
        e semmai un giornale scrivesse tra un po’ il case-history della sinistra radicale italiana, non voglio passare né per il motorista né per l’infermiera.

        io – per quel niente che posso – strillo.

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      3. (continuo il soliloquio. a futura memoria, diciamo.)

        putin sconfina ampiamente in ucraina con uomini e mezzi.
        obama dice: “all’ordine del giorno c’è il riarmo dell’occidente.”

        compagni, non siete ancora convinti che le parole d’ordine di questo blog debbano stare su tutte le nostre bandiere?
        anzi: non siete ancora convinti che bandiere apposite debbano essere create per queste parole d’ordine, per un soggetto politico che le incarni, per un percorso di mobilitazione che risponda alle domande pressanti di milioni e milioni di esseri umani?

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      4. “con la russia sarà grande guerra. con decine di migliaia di morti.” valeri gheletei, ministro difesa ucraino.
        “non ripetiamo il ’39, fermiamo putin.” donald tusk, primo ministro polacco e presidente consiglio europeo.
        “la russia è in guerra con l’europa.” dalia grybauskaite, presidente lituana.
        “posso prendere kiev in due settimane.” putin.
        “potremmo arrivare a un punto di non ritorno.” barroso.
        “sto preparando un esercito per la russia.” cameron.

        compagni, non è un incubo. sta succedendo davvero: i massimi decisori politici del continente in cui viviamo stanno parlando ai media in questi termini.

        io non so più come dirvelo.

        il 6 marzo ho scritto su lindro.it una cosa così:
        “La foto di un Obama scamiciato che telefona (ci dicono) a Putin per dirgli “non si fa così” l’abbiamo vista tutti. E ora in Occidente, in Italia, ci si spartisce nelle due classiche fazioni: i ‘Barack, diamo una lezione a Vladimir’ contro i ‘Vladimir, da’ una lezione ai fascisti ucraini’. E tifando si smette di pensare.
        Né l’opinione pubblica nostrana di sinistra è immune dallo schierarsi d’istinto: perlopiù i progressisti generici stanno con USA e Unione Europea (NATO compresa) contro il Putin ‘miglior amico di Berlusconi’, mentre la galassia comunista e antagonista sta con la Russia contro il teppismo locale e il neoliberismo globale (e anche perché un po’ di eccitazione à la 1956 d’Ungheria smuove qualche fondo).
        Ma questo fotogramma di curve da stadio contrapposte è esattamente il miglior regalo che la sinistra italiana, europea, possa fare a chi detiene il potere reale nello stato di cose presente.
        Perché? Perché nello stato di cose presente gli Stati Uniti (e il suo Presidente) esistono a malapena: esistono invece la Coca-Cola, Microsoft, la Monsanto. E non c’è propriamente la Russia (e il suo Presidente): c’è Gazprom. L’Europa (dei popoli) non c’è: ci sono HSBC, Volkswagen, Carrefour, Enel. Non esiste nemmeno la Cina, pensate un po’: Sinopec esiste. E quindi le dinamiche generali e locali seguono in verità la composizione degli interessi reali (e o-sceni: fuori scena) di questi soggetti – non certo delle ideologie, ‘libera autodeterminazione’ o ‘socialismo campanilista’, né tantomeno delle bandiere nazionali o dei campioni individuali.
        Tuttavia, nella trappola perfetta noi tutti stiamo inciampando. Sinistre europee comprese, per la gioia del Potere. Stiamo dimenticando la lezione della grande Rosa – e di Karl Liebknecht. (Riaprire i sacri testi, prego.)”
        l’ho scritta, è stata letta un po’ in giro – e sarò stato preso per un dietrologo.

        da un paio d’anni il mio avatar su alcuni social è il variopinto dazebao seguente:
        “socialism is a global peacekeeping”
        magari è stato visto e rivisto, ma scambiato per l’epigrafe di un frikkettone.

        e un paio di mesi fa ho aperto questa pagina che pone espressamente le parole d’ordine della pace (minacciata), del lavoro (negato) e della democrazia (truffata) al servizio di un progetto razionale di costruzione del soggetto radicale di massa che manca a sinistra in italia, e detta pagina – benché visitata anche dai certamente interessati alle stesse urgenze cui si riferisce il progetto – non suscita il becco di un dibattito.

        intanto, in europa – nel continente in cui viviamo e che doveva mettere a disposizione del genere umano la propria storia dolorosa e la granitica intenzione di non più percorrerla – la bassa cucina della propaganda prepara i sapori forti per il grande pubblico, perché l’espressione ‘guerra tra gli stati, guerra tra i popoli’ non sia più tabù.
        perché il capitalismo giochi ancora questa via demoniaca per la propria ristrutturazione ciclica.

        e voi, compagni – voi non dite niente. non agite niente.

        (tra me e me.
        la conferma di aver buona vista che ti arriva dalla realtà, quando le tue previsioni si avverano, non ti ripaga della frustrazione per non aver saputo incidere sul farsi della realtà prima che si avverassero quelle peggiori.
        l’orgoglio di aver avuto il coraggio di dire ciò che stava per succedere e di fare ciò che potevi affinché succedesse altrimenti, scontandone il prezzo dell’isolamento, non ti ripaga della rabbia di sapere che chi ti ha isolato lo ha fatto non per svista ma intenzionalmente.
        e il conforto di non aver perso altro tempo stolidamente, per far sentire ciò che dicevi a chi non voleva sentirlo e per fare ciò che andava fatto insieme a chi non voleva farlo, non ti ripaga della paura del peggio che ancora verrà perché nessuno fa ciò che serve.)

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      5. focus su roma.
        il cinema america stamattina è stato sgomberato. ammanettato. spento.

        il teatro valle il mese scorso è stato sgomberato. ammanettato. spento.
        il communia, sempre in agosto, è stato sgomberato. ammanettato. spento.
        il volturno a luglio è stato sgomberato. ammanettato. spento.
        l’angelo mai a marzo è stato sgomberato. ammanettato. spento.
        lo scup a gennaio è stato sgomberato. ammanettato. spento.

        poi, grazie all’intelligenza politica e alla resistenza umana di compagne e compagni, qualcuno di questi spazi torna libero e si riaccende.
        ma la costante è il martello – sotto il quale la pratica concreta di un altro modo di essere cittadine e cittadini, è costretta a farsi incudine.
        specie da un po’.
        specie da quando la finestra si è chiusa – l’ho già scritto tante volte – e la normalizzazione si è realizzata. specie da quando il potere di classe può contare su un formidabile conformismo di massa. da quando in tante, troppe teste della stessa gente che si proclama – forse anche con auto-cieca sincerità – di sinistra, ha preso tanto (troppo) piede l’idea che il rispetto astratto della legalità formale vale più del conseguimento di traguardi di legittimità sostanziale, più della progressiva conquista di equità e civiltà.

        il potere – questo è vero in generale, e anche qui e ora – può soltanto ciò che non gli costa più di quanto abbia da spendere.
        e quando il suo antagonista – che chiamo la potenza, diciamo quello che risulta dall’incontro fertile tra la materialità della gente e l’ideologia della sinistra – fa il proprio mestiere di alzare il più possibile il costo che il potere deve sostenere per fare ciò che vuole, esso è realmente limitato. allora la civiltà, l’equità, la libertà, la democrazia – avanzano.
        ma quando è la gente medesima, la stessa sinistra – che perdono se stesse, e regalano un coro alle urgenze del potere di classe (“questo è illegale, quello è irrispettoso, quell’altro è proibito, questo è scorretto…” – beninteso, sempre nell’ottica di classe tutt’altro che imparziale: tutt’altro che umana), ebbene al potere far ciò che vuole costa sempre meno. quasi nulla. e infatti della democrazia fa ciò che vuole, del lavoro fa ciò che vuole, della pace fa ciò che vuole. sta facendo quel che vuole della vita.

        ricordate falcone? diceva che la mafia se vuole ucciderti, prima ti isola e poi ti ammazza. e fecero così proprio con lui.

        ma è così. la finestra si è chiusa vuol dire questo: che gli spazi nei quali e grazie ai quali è possibile anche solo pensare un modo diverso di convivere e progredire (perché sono spazi in cui la distrazione di massa non penetra del tutto – in cui le persone si cercano, si progettano, si costruiscono in modo non-alienato), vengono isolati gli uni dagli altri nel mezzo di un conformismo sempre più diffuso. come micro-atolli in una palude che si alza di livello. e poi – quando il sostegno del pubblico, perfino quello progressista, li ha praticamente abbandonati – vengono sommersi, cancellati.

        a ferragosto, davanti all’ingresso chiuso del valle avevo scritto.
        due del pomeriggio. fermo ora davanti al teatro valle, ‘recuperato’ dalle autorità. (starei per dire ‘pubbliche’, se non fosse che queste autorità di pubblico non hanno nulla in quanto gestiscono poteri per conto di privatissime cordate.) ed è morto, spento. inerte come una qualunque vetrina vuota, sprangata dalla crisi a lisbona, atene, lione, milano, manchester, amburgo, bratislava.
        ora somiglia in tutto al resto della città di roma, questo quattordici di agosto. somiglia all’italia, di questo quattordici di agosto. somiglia all’occidente privatizzato, precario e agonizzante di questo ennesimo quattordici, di agosto, di una crisi che si vuole infinita. adesso che è stato ‘liberato’ dalla legge il valle è chiuso, muto e cieco come mai è stato un solo giorno in tre anni e due mesi di occupazione e attività ‘illegali’. nemmeno a ferragosto. questo farà forse piacere ai tanatòfili che aspettavano con l’acquolina in bocca lo sgombero vindice e la conformata inedia. non certo a me, che invece amo la vita. ma ora il teatro valle è ‘legale’, come qualsiasi tavolo di marmo dell’istituto di medicina omonima. ed è tutto vostro, così. il nulla intonacato. enjoy your decadence, if you like it.

        il cinema america stamattina è stato sgomberato. ammanettato. spento.
        perché il potere prima ci isola e poi ci fa fuori.

        noi però, compagne e compagni, ci mettiamo anche del nostro.
        falcone costruì un pool per rendere almeno un po’ oneroso il suo progressivo isolamento, riuscì a farsi sentire dalla gente comune, si fece conoscere e voler bene – per questo è durato qualche anno in più, prima che l’ammazzassero. per questo ha potuto fare tanto contro la mafia e per il paese, per cittadine e cittadini, lavoratori, studenti, per il territorio e per lo spirito della repubblica.
        unirci in pool (non pollai!), organizzarci, farci conoscere fuori dai nostri piccoli – troppo piccoli, sempre più piccoli – circuiti di sensibilità e di militanza… farci conoscere e farci anche voler bene! questo dovremmo fare. questo sì che alzerebbe il prezzo della nostra sconfitta. questo teme il potere – semmai lo faremo.

        ma la volontà ottimista è un po’ che è costretta a concedere pezzi alla ragione, nella mia partita a scacchi col presente.

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      6. più il sistema si rende conto che non riesce a risolvere la propria crisi, più capisce che la crisi è dovuta alla flessibilità e alla privatizzazione (perché così cresce la precarietà e crollano i consumi – di cui il sistema campa), e più insiste a dire che la crisi si risolverà aumentando flessibilità e privatizzazione.
        non è fantastico?
        è come se uno alla guida di una macchina che sta perdendo i pezzi per la troppa velocità, anziché fermarsi e cambiarla, acceleri.

        ma è perché sono pazzi quelli che guidano il sistema?
        no. è perché marx (l’hegeliano marx) mica era un cazzaro: diceva che i trapassi da una forma all’altra dell’organizzazione umana succedono perché le contraddizioni della forma precedente arrivano al massimo, al punto critico, e dall’esplosione del vecchio sistema nasce quello nuovo. indipendentemente dalla sanità mentale o dalla pazzia degli umani che comandano le forme organizzative, i sistemi.

        allora c’è da fregarsi le mani – noialtri che è una vita che diciamo che questo sistema fa schifo e che abbiamo già chiaro in testa quello nuovo? mica tanto. perché il sistema nuovo che abbiamo noi in testa – cioè quello del bene comune e della programmazione razionale, diciamo così in sintesi – mica è detto che sarà proprio quello che nasce bello e fatto dall’esplosione del sistema vecchio (cioè quello dell’interesse privato e dell’anarchia dei produttori, diciamo).
        cioè: marx dice sì che alla fine gli umani si organizzeranno nel modo più bello e più giusto – quello che piace a noi -, però appunto alla fine (che sarà ovviamente, dialetticamente, l’inizio – invece – della storia umana vera e propria, finita allora questa lunga e ostica preistoria). ma intanto può succedere di tutto, letteralmente.
        può succedere pure che all’esplosione del sistema che c’è oggi, ne subentri un altro anche più lontano dal nostro ideale: una specie di neomedioevo antidemocratico e belligerante.

        e questo da che dipende? intendo: da che dipende che il trapasso vada in un verso o in un altro? questo sì dipende dalla qualità umana di chi vive questo presente, sia dei guidatori della macchina (cioè loro, le élite) sia dei passeggeri (cioè noi, la stragrande maggioranza). dalla qualità e dai concreti rapporti di forza che le élite da una parte e i popoli dall’altra – e l’una classe contro l’altra – metteranno sulla scena della storia: con tutta l’intelligenza, tutta la forza, tutto l’entusiasmo – per citare anche gramsci, tutt’altro che un cazzaro pure lui!

        ecco. a noialtri quindi servono come il pane, ora come non mai, entusiasmo forza e intelligenza.

        e questo è proprio il pensiero che mi spegne il sorriso in faccia.

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      7. notizia di ieri: il 2013 è stato l’anno più inquinato degli ultimi trenta, col nuovo record di presenza di CO2 e altri gas-serra nell’atmosfera e con un’acidificazione degli oceani senza precedenti.
        “le leggi della fisica non sono negoziabili, il tempo sta scadendo”, ha detto michel jarraud – segretario generale della world meteorological organization. “rischiamo 180.000.000 di profughi ambientali, tanto per cominciare”, dicono alcuni esperti.

        notizia di oggi: ventuno organizzazioni di tutto il mondo, in rappresentanza di 200.000.000 di persone, hanno sottoscritto un decalogo perché il sistema non arrivi al punto di non-ritorno (ormai vicinissimo) – dal contenimento delle emissioni serra alla rinuncia all’estrazione di nuovo carburante fossile, dalla ricerca e promozione delle fonti energetiche rinnovabili alla territorializzazione di produzioni e consumi, dall’opzione rifiuti-zero all’occupazione di massa nei settori del riassetto ambientale. e la morale semplice semplice è che questo modello industriale non è più sostenibile.
        ma sul serio.

        ora, però – questo modello industriale non è una variabile a sé stante, tra le altre, della vita attuale di sette miliardi di umani (e di milioni e milioni di altre specie viventi sulla terra), bensì è strettamente connesso a ogni altra variabile sistemica: è ciò che parecchio dà forma a (e un poco riceve forma da) il modello socioeconomico, quello politico, quello culturale, e alla fine lo stesso modello antropologico dell’esistenza delle donne e degli uomini presenti sul pianeta.
        quindi: se quello industriale non è più sostenibile e va cambiato – e di corsa -, è inevitabile che tra gli umani si diffonda la consapevolezza che vanno cambiati anche tutti gli altri modelli. dovremo al più presto sì produrre e consumare in modo diverso (ciò di cui parla il decalogo citato), ma altrettanto dovremo convivere in modo diverso, pensarci in modo diverso, essere in modo diverso. radicalmente.
        sennò è perfino inutile fare esami sulla qualità dell’aria, e scriverci su articoli di giornale.

        questo dunque è necessario. ma – sarà possibile?

        con l’attuale divisione del lavoro del macrosistema globale (cioè: con la rigida ripartizione dei ruoli tra chi possiede e quindi decide, e chi non possiede e quindi esegue), direi di no. la cecità assoluta dei grandi decisori mondiali e locali riguardo a cose tutto sommato circoscritte come l’enorme crisi economica in corso, direi che conferma purtroppo il mio pessimismo.
        e ai grandi decisori non basteranno certo gli studi degli scienziati o gli appelli delle organizzazioni, e nemmeno alcune manifestazioni popolari, per cambiare l’idea che hanno del modello industriale socioeconomico politico culturale antropologico. primo, perché in questo modello loro sono i vincenti (a scapito nostro), secondo perché quei decisori crescono fin da piccoli (li selezionano apposta, e scartano gli altri) con l’assoluta priorità interiore di preservarlo senza porsi il problema della sua valenza etica od olistica, e terzo perché ormai la complessità del sistema è tale che seppure ci fosse qualche decisore che apre gli occhi e vuole cambiar rotta, i diktat veri e propri li dànno gli elaboratori elettronici. e il resto lo fa il puro caso.

        in effetti è come se fossimo in quel film di fanta-futuro in cui tutti gli umani campano stipati in un treno lunghissimo alla cui testa c’è il locomotore, col gruppetto dei potenti che vive blindato là dal resto sterminato degli schiavi e il treno corre a folle velocità non si sa dove.
        se fossimo certi – noi schiavi – che ci schianteremo, dopo aver cercato invano di far ragionare chi guida, non dovremmo forse (perso per perso) provare a sfondare tutte le barriere da qui al locomotore, e impadronircene?

        be’, la notizia – di ieri e di oggi – è che ci schianteremo.

        ma chi sta in testa al treno vuol morire? (noi di regola attribuiamo i nostri stessi sentimenti a – quasi – tutti gli altri umani come noi, e quindi pensiamo che chi guida la storia presente voglia, come noi, preservare la vita propria e di chi ama. il che un po’ ci rassicura. mah…)
        io non lo so. al limite, non è un mio problema. io ho il problema che non voglio morire io (se non sulla barricata della rivoluzione), né veder morire chi amo – e devo agire di conseguenza.
        dovremmo tutti – io credo.

        insomma, il mondo è in subbuglio. forse fatalmente forse no.
        e chi comanda fa le proprie mosse in base ai propri interessi e alla visione che ha di sé e del mondo.
        ma noi? che mosse stiamo facendo – noi?

        domani è l’11 settembre. l’anniversario di un’altra di quelle loro mosse – quelle di chi sta in testa al treno. anzi, l’anniversario è come sempre doppio: 1973 e 2001.

        questo lo scrisse giovanni, un tipo che l’11 settembre 2001 stava a manhattan, che ha visto tutto e ci ha pensato un po’ su. tornò a casa, a roma, e dopo qualche giorno mise sul suo blog ‘acheropita’ una riflessione abbozzata:
        “Poniamo che si sapesse, in qualche segreta stanza, che il nostro modello di sviluppo, quello euroamericano del dopo Guerra Fredda, aveva i giorni contati. Che il petrolio sta lì lì per finire, metti, o l’acqua potabile, o che i rifiuti stanno per sommergerci o le scorie radioattive per brillare. In tal caso, a lasciar correre, il mondo industrializzato collasserebbe a breve, e la convivenza umana, nella drammatica inadeguatezza di modelli sostitutivi abbastanza raffinati, morto il sogno antagonista bolscevico, tornerebbe indietro di mille anni. Tipo la caduta di Roma antica, di cui infatti si dice sia la cronologia tenuta in maggior conto dall’amministrazione attuale degli Stati Uniti.
        Allora, se così fosse, qualcuno, forse addirittura nell’Europa dalla canuta chioma e dagli occhi grandi, potrebbe aver stabilito che un tentativo vada fatto, adesso. Una manovra diversiva, una perdita ossia un accumulo di altro tempo in attesa di soluzioni migliori e più stabili… Una specie di elettroshock, insomma: una lunga guerra diffusa, per esempio, per schiacciare da una parte e consolare dall’altra, riprendere il controllo, mescolare le carte, produrre e vendere, ovviamente, cooptare i barbari alle frontiere o allontanarli di nuovo e “prendo io questi faccia di più chi sa”, e meglio cattivi per qualche decennio con poche decine di milioni piuttosto che tutti e sei miliardi e mezzo quanti siamo regrediti per secoli, tanto il lavoro sporco si trova chi lo fa e gli piace pure, e vai con l’attentato spettacolare che accende la miccia e poi: bombarda, persuadi e seleziona.
        La vita sul pianeta avrà avuto migliaia di queste false partenze, tranquilli, basta non retrocedere troppo e il buono presto o tardi viene a galla. Costi quel che costi: gli strateghi di razza lo sanno.”

        questo invece l’ho detto io, lì a ground zero, quando ci sono andato nell’agosto del 2010:

        a voi pensarci ancora una volta sopra, oggi e domani – e intorno. e dietro.

        alla fine, credo valga ora più che mai una specie di epigrafe che misi in rete all’inizio del 2012, come sottotitolo alla mia (ennesima) proposta di programma politico strutturato per il cambio radicale di marcia nel modello socioeconomico vigente – la ‘riconversione’ -, proposta infeconda per l’ennesima volta:
        “le ristrettissime élite globali?
        nel breve vi scaricano la crisi, sul medio allestiscono il fascismo. e per il lungo… ci sono le astronavi.”

        pubblicato su
        http://www.lindro.it/blog/2014-09-11/141997-breve-medio-e-lungo-periodo

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      8. la repubblica di weimar.

        però oggi non voglio scrivere un’altra paginetta apocalittica, come pure il richiamo storico-geografico suggerirebbe (weimar, lo ricordo ai distratti, è la città in cui la germania post-grandeguerra scrisse per se stessa una nuova – e bella – costituzione la quale però non impedì nel 1933 l’avvento dei nazisti al potere e nel 1939 lo scoppio a causa loro di una guerra ancora più grande e terribile), bensì voglio connotare con repubblica di weimar quello che potrebbe essere da domani – o da stasera stessa – il primo esperimento della linke al governo di un land tedesco!

        linke – lo ricordo ai distratti – che è quel partito della sinistra radicale che ha posto in bella vista nel proprio programma fondativo l’obiettivo di costruire niente meno che il socialismo democratico e che su questo chiede costantemente l’adesione della gente, tramite militanza e partecipazione, e alle scadenze elettorali il voto dei cittadini tedeschi. socialismo democratico: senza tanti giri di parole.
        e che nell’ultimo sondaggio del voto in turingia è accreditato del 26%, primo partito a sinistra di gran lunga – più dell’spd e più dei verdi, in alleanza coi quali due partiti governerebbe da domani partendo da un rapporto di forza felicemente favorevole (cosa del tutto diversa dall’elemosinare al centrosinistra la compartecipazione ai governi locali o anche solo alla competizione politica, da posizioni di debolezza perpetua quali quelle delle particole della sinistra radicale nostrana).

        come hanno fatto i compagni della linke ad arrivare a tanto?
        non lo so. ma senz’altro – banalmente – fin qui sono arrivati perché… partirono un bel giorno, e neanche tanto lontano nel passato (giugno 2007 la fondazione). partirono col piede giusto e tanta determinazione da dire subito ciò che erano, un partito, e ciò che volevano, tutto il socialismo realisticamente possibile.
        (ricordo ai distratti che questo blog, ormai due mesi fa, ha azzardato una road-map proprio per fare la stessa cosa anche dalle nostre parti – ma lasciamo stare.)
        ha avuto vita facile quel progetto-soggetto politico? no, visto che tuttora in baviera – per esempio – un compagno iscritto a linke non può lavorare nella pubblica amministrazione di quel land, o che fino a poco tempo fa tutti i suoi dirigenti erano nel mirino dei servizi segreti federali!
        però linke ha tenuto, comunque tiene: perché parla alla gente in faccia alla crisi – e in turingia ha fatto il botto.

        quindi – per concludere – la neo-repubblica di weimar. nella terra dove nacquero goethe e schiller, dove si svolsero i congressi spd di gotha e di erfurt su cui si espressero marx ed engels rispettivamente (brividi lungo la schiena), e dove – ad eisenach – comincia la più grande dinastia musicale di ogni tempo col patriarca johann sebastian bach, e figli e nipoti.

        speriamo che grazie a linke, al suo esempio di concretezza e di visione insieme, cominci una musica nuova anche per tutta la sinistra europea!
        e perfino per noialtri, compagne e compagni del paese dei mandolini.

        http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/la-repubblica-di-weimar/

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      9. faccio parte di una quantità di mailing list e gruppi di contatto sulla rete di natura civicopolitica o politica pura – comitati, collettivi, associazioni, partiti (di sinistrasinistra), progetti di partito, sindacati (conflittuali), gruppetti “stagionali”, fanzine, portali di controinformazione… – e ne faccio parte da anni.
        e per anni – diciamo fino a luglio – ho partecipato fisicamente al più possibile di iniziative, appuntamenti, riunioni, assemblee, manifestazioni, cortei, presìdi, tavoli di lavoro, elaborazioni, occupazioni, sperimentazioni, deliberazioni, congressi, delegazioni… di cui quelle mailing list e quei gruppi di contatto davano (e dànno) conto.

        per esperienza personale posso dire che le due sensazioni dominanti mentre partecipi a tutto questo sono – non tanto la consapevolezza di provare a darti da fare in ciò di cui c’è bisogno (che pure avverti, e ti gratifica) o il piacere di farlo conoscendo e frequentando gente di buona qualità (che pure provi, e ti diverte), ma – uno: l’esser continuamente stupito dal fatto che non ci sia la grande maggioranza della gente al seguito di un così ricco programma di così importanti, tenaci e belle iniziative, gente che per parametri oggettivi dovrebbe star lì con voi, e (di conseguenza) due: l’esser progressivamente più preoccupato di vedere e sentire sempre la stessa gente (buona, per carità), sempre le stesse facce e le stesse parole, a tutte le iniziative importanti e tenaci e belle, anche assai diverse tra loro per contenuto, taglio e obiettivo.
        praticamente, un cast itinerante a soggetto.

        qualcosa non ti torna. non mi tornava.
        allora mi sono fermato.
        ossia: da luglio continuo a far parte di una quantità di mailing list e gruppi di contatto sulla rete, e a ricevere anche con mail personali o messaggi privati o telefonate dirette, molte (forse tutte le) informazioni sull’attivismo civicopolitico e politico puro di roma e non solo, ma non partecipo fisicamente ad alcun appuntamento in tal modo diffuso.
        e che ottengo così? diciamo che ottengo una visione complessiva del fenomeno, molto più di prima. fenomeno – l’attivismo di base, o strutturato che sia – al quale tolgo pochissimo (con la mia unitaria defezione alle iniziative concrete) ma del quale così posso farmi un’idea molto più circostanziata della natura, delle prospettive, dei limiti, dei margini realistici di crescita, delle leve possibili da muovere a tal fine, ora che lo osservo da dentro venendo comunque a conoscenza della sua incessante vibrazione, mossa dai soliti militanti, ma contemporaneamente da fuori (come il pubblico qualsiasi, la cui assenza mi stupiva – e mi feriva – sempre).

        con questa nuova visione stereoscopica, e da questa giusta distanza, attesto un fatto: che se non fosse per le mail e i post e gli sms o qualche telefonata – il tutto mi giunge in virtù dell’appartenenza pregressa all’ambiente e mai “disdettata” (né vorrei farlo: la spinta ideale è sempre quella della prima adesione, o più forte ancora) – che mi dicono che da qualche parte a roma (e non solo) esistono comitati, collettivi, associazioni, partiti (di sinistrasinistra), progetti di partito, sindacati (conflittuali), gruppetti “stagionali”, fanzine e portali di controinformazione, e iniziative, appuntamenti, riunioni, assemblee, manifestazioni, cortei, presìdi, tavoli di lavoro, elaborazioni, occupazioni, sperimentazioni, deliberazioni, congressi e delegazioni, ebbene io come semplice cittadino non ne saprei nulla. niente! tam quam non esset.
        con tutto – sottolineo – che i miei parametri oggettivi di cittadino alle prese con la crisi sistemica più grave di sempre in italia, in europa e in occidente, mi rendono naturaliter poroso a qualunque informativa o chiamata all’azione da parte di chiunque stia elaborando un percorso di uscita dalla crisi, un modello alternativo, una visione di equità e progresso e una strategia politica, o civicopolitica, per diffonderla e poi realizzarla.
        invece, niente.

        partecipare fisicamente, l’ho detto prima, dona la gratificante consapevolezza di provare a darti da fare in ciò di cui c’è bisogno, e dona il divertente piacere di farlo conoscendo e frequentando gente di buona qualità. ma proprio per questo ottunde il preoccupato stupore per l’assenza della massa. e alla fine tende a essere una (valida, per carità) giustificazione che si dà a noi stessi, del tipo: ‘io il mio lo sto già facendo’, e toglie inevitabilmente intensità alla ricerca dei motivi per cui la massa manca e delle azioni concrete per contrastare quei motivi.

        ecco, io volevo uscire da quell’ottundimento. per un po’.
        l’ho fatto. e osservo, e penso, e mi appunto qui e altrove ciò che osservo e penso.
        spero così di arrivare a essere più utile all’ideale, di quanto non fossi prima, e alle compagne e ai compagni che partecipano.

        http://www.esseblog.it/tutti-gli-articoli/perche-siamo-pochi/

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      10. è ingeneroso chi dice che obama è come bush jr.
        infatti è solo grazie al fatto che c’è obama, e non bush al suo posto, se l’innesco della grande guerra scaccia-crisi si ‘limita’ al taglio delle gole e agli annunci di attentati spettacolari, e non realizza l’attentatone vero e proprio.

        riesco quasi a figurarmelo, il tira-e-molla quotidiano tra washington e langley – sì insomma, tra il vertice del potere ‘visibile’ e quelli occulti (dovunque stanno):
        “presidente, non basta ancora. tiriamo giù il golden gate a san francisco?”
        “no.”
        “possiamo far uscire un po’ di ebola dai nostri laboratori in russia, o in america latina.”
        “ho detto di no.”
        “mettere sotto tiro l’assemblea nazionale del popolo a pechino? un’udienza generale di papa francesco a roma?”
        “ma siete matti? no! accontentatevi della storia dell’isis così com’è, e facciamo la guerra che riusciamo a fare così.”
        “sì presidente. (questo al 2016 chissà se ci arriva.)”

        dire che la Civiltà è minacciata dalle lame di bande di assassini drogati di queste settimane, e non dalla pratica decennale dei milioni di morti per povertà e sfruttamento né dalla distruzione sistematica e suicida delle risorse naturali del pianeta – è come lamentarsi di aver trovato lo zerbino storto davanti alla porta, e non che hai beccato tua moglie che si tromba i vicini di casa.

        barack, resisti. sei sempre un presidente di sinistra!

        ma è che essere di sinistra è un concetto che si è perso nella tromba delle scale.

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      11. companeroas, abbiamo risolto! la dritta è: tesseriamoci tutti al PD!
        ad oggi gli iscritti 2014 al PD sono meno di 100.000, mentre l’anno scorso erano oltre mezzo milione.
        se tutti i comunisti iscritti nel 2013 a Rifondazione – che sono 30.000 e qualcosa – ora fanno anche la tessera del PD (oltre a rinnovare la propria, ovviamente), e magari se la fa pure qualche indipendente come me e tanti altri comunisti ‘sfusi’, il PD lo scaliamo alla grandissima!
        altro che correnticchie della sinistra interna! Civati chi? altro che costruire il grande partito comunista dalle percentuali da prefisso telefonico di Rifondazione, del PDCI, del partitello di Rizzo, dei movimenti…
        invece: entriamo in massa nel PD, lo rivoltiamo come un pedalino, indiciamo un congresso straordinario e lo trasformiamo nel PCI con lo stesso 41% di voti che ha preso alle europee – che tanto la gente manco si accorge del cambio di nome, simbolo, dirigenza, linea e tutto!
        datemi retta!
        daje?

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      12. pensiero apparentemente impolitico.

        l’individuo che ce l’ha con alcuni degli altri che in generale se la passano come lui, e magari ce l’ha con loro anche a torto (‘la guerra tra poveri’), riceve restituito il rancore di quelli (se lo sanno), e un po’ di ‘tifo’ da parte di altri ancora che hanno la sua stessa attitudine (che sono la maggior parte). a geometrie variabili, beninteso: “oggi sto con te contro lui, domani sto con lui contro te”.
        colui invece che non ce l’ha con nessuno dei suoi ‘pari’, ma solo con chi galleggia indebitamente sopra le teste di tutti quelli come lui – e soprattutto ce l’ha con lo stato di cose che produce il fatto che qualcuno galleggi su tanti altri – ad essi pari sembrerà strano, tanto più strano quanto più affidabilmente così, e meritevole di rancore anche solo per questo (sembrerà a tutti, tranne a quelli che la vedono come lui – che però sono in netta minoranza).
        quindi, nel grande gruppo umano di ‘quelli che stanno sotto quelli che galleggiano’ sono sempre compresenti due dinamiche: la ‘guerra (per bande) tra poveri (rancorosi)’ e la ‘guerra di (quasi) tutti (i poveri rancorosi) contro pochissimi (quelli no)’.
        e il piccolo gruppo dei ‘galleggiatori’ si giova assai di entrambe.

        vero che non è proprio impolitico?

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      13. fantastico.
        guardo la foto che correda questo articolo
        http://www.altraeuroparoma.it/blog/renzi-non-ha-la-nostra-fiducia-no-al-colpo-di-mano-contro-i-diritti/
        e non riesco a non provare una forte sensazione di déja-vu!
        🙂
        amiche e amici di ‘l’altra europa’ che leggete silenti quello che scrivo, mi va benissimo che prendiate questi miei poveri slogan artigianali per i vostri striscioni in testa ai cortei – figuratevi, copyleft è la mia massima – ma a questo punto potevate anche chiedermi qualche euro per la stampa, che so che mica costa nulla.
        😀

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